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mercoledì, dicembre 23, 2009

Silenzio, il cellulare ti spia

PARAFRASANDO un vecchio slogan, viene da dire: il telefono, la tua voce, e le orecchie di qualcun altro. L'internazionale dell'intercettazione è un'idra trasversale, dall'Iran all'Australia, passando per il Vecchio Continente. A Teheran spiano i sostenitori di Moussavi, li individuano, li bastonano e li mandano in galera. A Sydney i genitori ansiosi monitorano a distanza i cellulari dei figli e se scoprono qualcosa che non li convince li spediscono a letto senza cena. Esiti diversi, modalità simili.

Il buco da cui entrano questi minacciosi spifferi per la nostra privacy (e libertà) è lo stesso. Ce lo portiamo in tasca. È l'apparecchio elettronico più amato dagli italiani. E il suo manuale di istruzioni, per nuovi modelli sempre più complessi, è una delle poche pubblicazioni a rialzare la media nazionale in fatto di statistiche di lettura. Sua maestà il telefonino.
La repressione post-elettorale nella Repubblica Islamica ha ravvivato il dibattito. Qualcuno se l'è presa con Nokia Siemens, la joint venture finnico-tedesca che l'anno scorso ha venduto alla Tci, l'operatore persiano, la tecnologia che permette di "entrare" nelle chiamate. La stessa a disposizione dei governi, previa autorizzazione del magistrato, di tutti i paesi dell'Unione Europea. Su internet, dove gli entusiasmi prendono fuoco come legna secca, c'è chi ha proposto di boicottare il marchio.

"È dura stabilire se il problema sia l'ignoranza o l'ipocrisia" ha ironizzato il blog tecnologico di Business Week, riferendosi alla richiesta di due senatori Usa di smettere di fornire tecnologia ai regimi autoritari. Perché il sistema è identico a quello usato negli Stati Uniti. La differenza è che lì, extraordinary renditions escluse, c'è una procedura democratica che evita gli abusi.

Archiviata quindi la polemica sull'uso a fin di bene (intercettare i terroristi) o malevolo (conculcare il dissenso politico) della tecnologia, restano molti interrogativi sulle potenzialità spionaggistiche dell'ormai irrinunciabile mezzo di comunicazione. Le dotazioni sempre più sofisticate, il fatto ad esempio che il chip Gps, per il posizionamento satellitare, sia ormai standard in quasi tutti i nuovi modelli, apre scenari distopici. Ogni telefonino, mandando in continuazione segnali ai satelliti, consentirà triangolazioni sempre più precise per localizzare geograficamente il suo possessore. Comodo quando ci avviseranno via sms che stiamo passando davanti a un negozio che fa una vendita promozionale. Scocciante se avete detto che eravate da tutt'altra parte e moglie o marito entrano in possesso dei dati sbugiardanti.

Il servizio in Gran Bretagna esiste da qualche tempo e si chiama FollowUs. In teoria il possessore del telefono "tracciato" deve essere consenziente. In pratica se un altro se ne impadronisce, in una decina di minuti fa in tempo a registrare la sua sim, ricevere il primo degli sms che avvertono che siete sotto osservazione e disattivare la notifica dei messaggini successivi.

Risultato: chi prende in mano l'apparecchio di lì in poi non ne sa niente. Mentre allo spione basta entrare nel sito, pagare una ventina di euro e cominciare a seguire su una mappa interattiva gli spostamenti della preda. A partire da agosto i genitori australiani potranno usare MyMobileWatchdog, un software sviluppato orginariamente per la polizia americana. Molto semplice, molto inquietante. Il funzionamento è analogo a quello appena spiegato. E con una dozzina di dollari al mese, collegandosi a un sito, papà o mamma potranno vedere il registro delle chiamate, leggere gli sms e guardare le foto scattate. Il sito statunitense capitalizza, a caratteri di scatola, la minaccia del "sexting", i messaggini a sfondo erotico mandati da adulti che si spacciano da coetanei. E tuttavia l'intervento a gamba tesa nella corrispondenza elettronica dei ragazzi è innegabile.

Se non bastasse, a partire dal 2010, l'arsenale del potenziale spione si arricchirà di una nuova arma. Da quella data tutti i telefoni Ericsson, ma con ogni probabilità non solo quelli, saranno dotati di un nuovo chip Rfid (Radio frequency identification), le cosiddette "etichette intelligenti" che si trovano tanto nei vestiti quanto nei rasoi da supermercato. Nel microcircuito saranno immagazzinate le generalità del titolare e altre informazioni identificative. Tra i tanti possibili usi, le società emettitrici di carte di credito sembrano le più interessate. Se il titolare si trova in un altro posto rispetto a dove avviene la transazione, è probabile che la carta sia finita nelle mani sbagliate. E il sistema, mettendo a confronto la localizzazione del telefonino con quella dello strumento di credito, darà in automatico l'allarme. È ovvio che si tratta di un servizio per l'utente.

Ma se, come prevede un recente studio commissionato da Microsoft, la pubblicità via cellulare diverrà il 5-10 per cento di quella totale da qui a cinque anni, è chiaro che questo passo avanti nella tracciabilità significherà un passo indietro nella quotidiana pace dei sensi digitali. In Giappone, l'unico altro paese al mondo che ci batte quanto a penetrazione di apparecchi portatili, il gestore Softbank d'intesa con il settore pubblico sta per lanciare un esperimento di politica sanitaria via telefonino. L'idea è di monitorare, attraverso i dati Gps trasmessi dai cellulari, i bambini delle scuole. E lo scopo, in caso di epidemia, è riuscire a risalire attraverso i tabulati dei giorni precedenti con chi gli infettati sono venuti in contatto. Ancora una volta, controllo per il bene della collettività. Ma quando i dati sono sui server diventano, per definizione, violabili.

Lo sa bene Guido Cometto, amministratore delegato della torinese Caspertech, tra le capofila dei criptofonini nostrani. "Invece di usare il normale canale "voce" noi facciamo transitare la chiamata su quello "dati" e lo cifriamo. È l'operatore telefonico, non i privati, ad essere tenuto a offrire una comunicazione in chiaro alla magistratura. Che se non riesce a disporre l'intercettazione può chiedere di disabilitare la linea". Non si scopre niente di cosa i sospetti criminali si stavano dicendo, ma tant'è. "D'altronde non è vietato connettersi in modalità cifrata al proprio conto corrente online, e si tratta sempre di dati".

I problemi rimangono, anzi aumenteranno. Il garante della privacy Francesco Pizzetti ne parlerà oggi nella sua relazione annuale al Parlamento: "Da tempo abbiamo verificato l'esistenza in commercio e anche su Internet di programmi che, una volta installati, consentono di localizzare costantemente l'apparecchio, rubarne i dati in esso contenuti e talvolta di ascoltare le conversazioni e leggere gli sms. In alcuni casi sono sistemi che possono avere usi "buoni", come consentire di rimanere in contatto durante un'escursione. Più spesso, però, no. L'uso di questi sistemi spia è e resta illecito e può dar luogo a gravi responsabilità penali". Programmi, dice, che "possono trasformare il cellulare in un delatore costante dei nostri comportamenti e quindi un nostro nemico". E vista la quantità di informazioni intime, dall'agenda ai contatti, dalle foto alle dichiarazioni d'amore in 160 caratteri che gli confidiamo, la metamorfosi fa più paura di quella di Gregor Samsa.

Camorra & Cocaina

giovedì, ottobre 22, 2009

mercoledì, ottobre 21, 2009

Toccatina spavalda è violenza sessuale

A seguito del ricorso di un uomo di 40 anni di Venezia, condannato per violenza sessuale nei confronti di una barista, poiché le aveva toccato il seno appena rifatto, la Cassazione ha stabilito che anche la 'toccatina', fatta ad una ragazza per spavalderia in presenza di amici o la palpatina fatta per scherzo, va punita come violenza sessuale.
Nel caso dell'uomo di Venezia la ragazza, a cui era stato toccato il seno, si era sottoposta ad un intervento di chirurgia plastica e l'uomo l'aveva palpeggiata per valutarne la consistenza dicendole: 'Tutto qua, non sei un granché'.
Come atto sessuale violento, ha messo a punto la suprema Corte, si comprende tutto ciò compromette la libera determinazione della sessualità della persona e invade la sua sfera sessuale con costrizione, quindi comprende anche i gesti "insidiosi e rapidi, purché ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenziente". Ad esempio "palpamenti, sfregamenti, baci" sono atti di violenza sessuale ed "è indifferente che chi costringe o induce lo faccia per lucro, per depravazione, per disprezzo, per immondo gusto dello spettacolo o per gioco, purché si agisca con la coscienza e volontà di costringere".

Il 7% dei tradimenti coniugali in Italia è a sfondo omosessuale

Roma, 27 ott. (Apcom) - Gli italiani sono sempre più infedeli nella vita matrimoniale e, sempre più spesso, rompono i 'patti coniugali' per avventure con esponenti dello stesso sesso: a essere a 'sfondo omosessuale' sarebbe, infatti, il 7% dei tradimenti. In pratica, spiega Gian Ettore Gassani, presidente dell'associazione dei matrimonialisti italiani, in ben un matrimonio su due vi è un infedele. Nel 70% dei casi si tratta di infedeltà occasionali, le cosiddette "scappatelle", commesse dai "traditori seriali", autentici professionisti dell'infedeltà. Nel 60% dei casi le infedeltà vengono consumate con i propri colleghi di lavoro, spesso nelle ore pomeridiane.
Le mogli stanno raggiungendo i mariti nelle statistiche degli infedeli, visto che la scappatella è prerogativa al 45% delle donne e al 55% degli uomini). Il 7% dei tradimenti è a sfondo omosessuale, secondo una ricerca del Centro Studi Ami. I processi di separazione e divorzio sovente riguardano tradimenti con persone dello stesso sesso o transessuali (sempre più di moda)."Il difficile per un difensore - spiega Gassani - è mostrare le prove fotografiche di tale tipo di tradimenti al coniuge. Anche le mogli, nel 4% dei casi, tradiscono con una persona dello stesso sesso".
La Cassazione, con la sentenza n. 7207/09, si è pronunciata relativamente ad un tradimento omosessuale equiparandolo, in termini di gravità e addebitabilità della separazione, ad una infedeltà eterossessuale. "Gli uomini che tradiscono a livello omosessuale o transessuale il più delle volte posseggono un grado di istruzione medio-alto e un livello socioeconomico superiore alla media", aggiunge Gassani e conclude: "Se fossero effettuate indagini o investigazioni sul conto di tutte le famiglie italiane, ne uscirebbe un quadro molto diverso da quello offerto dagli stereotipi più consolidati".

[Sole 24ore] Si al licenziamento ritardato

Remo Bresciani
Legittimo il licenziamento della cassiera di un supermercato che, in occasione degli acquisti di avventori privi della tessera soci, accredita i punti della spesa effettuata sulla propria carta personale. Il comportamento, infatti, si deve considerare idoneo a ledere il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente dal momento che in questo modo consente a persone che non ne hanno diritto di usufruire degli sconti concessi ai soci, procurando così un danno economico all'azienda e ottenendo un indebito vantaggio personale.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 20270/2009 (su www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com) che ha respinto il ricorso della cassiera di una cooperativa.
Alla donna, licenziata per giusta causa, era stato contestato di aver utilizzato per gli acquisti effettuati da clienti privi della tessera di socio la propria carta determinando a suo favore un «quantitativo di punti non spettanti» e consentendo agli stessi di usufruire di sconti destinati solo ai titolari della carta. Non solo. La cassiera aveva anche trasferito sulla propria tessera i punti di altre carte intestate a soci determinando così un grave danno economico e d'immagine al datore di lavoro.
Il tribunale ha dichiarato illegittimo il recesso ma in appello la decisione è stata interamente riformata.
Inevitabile quindi il ricorso in Cassazione. Di fronte ai giudici di legittimità la cassiera ha lamentato che la contestazione degli addebiti doveva considerarsi tardiva perché avvenuta a distanza di mesi dall'accaduto. Inoltre, ha sostenuto la ricorrente il Codice disciplinare non era ben visibile nei locali dell'azienda e, soprattutto, non conteneva quel comportamento come passibile di licenziamento. Infine i punti da lei accumulati erano convogliati sulla sua tessera solo per essere poi utilizzati per fini di beneficenza, senza vantaggio personale.
I giudici di legittimità hanno affermato al contrario che la contestazione degli addebiti non poteva reputarsi tardiva dal momento che i fatti contestati erano emersi solo dopo un «controllo informativo che aveva comportato la necessità di incrociare numerosi dati», sicché il tempo intercorso prima della contestazione formale era stato giustificato dal fatto che «si era in presenza di condotte non evidenti, riscontrate solo a distanza di tempo dalla loro realizzazione e che avevano, quindi, richiesto indagini elaborate per il loro accertamento». Infatti l'immediatezza e la tempestività che condizionano la validità del licenziamento per giusta causa vanno intese in senso relativo e possono essere compatibili con un intervallo temporale reso necessario dall'accertamento dei fatti da contestare e dalla valutazione degli stessi. Per quanto riguarda invece l'inserimento della condotta contestata nel codice disciplinare la Corte ha ricordato che il principio di tassatività degli illeciti non ha carattere assoluto, dovendosi distinguere tra gli illeciti relativi alla violazione di prescrizioni relative all'organizzazione aziendale e quelli costituiti da comportamenti «manifestamente contrari agli interessi dell'impresa», come nel caso in esame, che giustificano il recesso anche senza essere menzionati nel codice perché contrari alla legge.
Nella vicenda risulta provato che gli accrediti sulla carta della cassiera non corrispondevano ad acquisti da lei effettuati, ma da un suo uso "distorto" della tessera punti sulla quale la donna aveva convogliato anche gli acquisti di altri, a volte ignari, avventori. Un simile comportamento, ha quindi concluso la Suprema corte, è idoneo a ledere il vincolo fiduciario «facendo venir meno la possibilità di ipotizzare un comportamento improntato a regole di correttezza nel prosieguo del rapporto».


I punti della decisione


Accredito «distorto»

Non si scherza con la tessera punti del supermercato. Lo dimostra il licenziamento di una cassiera che, in occasione degli acquisti di avventori privi della tessera soci, accredita i punti della spesa effettuata sulla propria carta personale

Danno all'azienda

Il comportamento lede il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente perchè consente a persone che non ne hanno diritto di usufruire degli sconti concessi ai soci, procurando così un danno economico all'azienda e ottenendo un indebito vantaggio personale

Scontrini ai raggi X

La contestazione degli addebiti – secondo i giudici – non poteva considerarsi tardiva poichè i fatti contestati erano emersi solo dopo un «controllo informativo che aveva comportato la necessità di incrociare numerosi dati» degli scontrini di cassa e degli acqusiti

Vantaggio personale

Non è servita la giustificazione della cassiera che i punti accumulati erano stati trasferiti sulla sua tessera per essere poi utilizzati a fini di beneficenza. In realtà, parte dei punti erano rimasti sul suo conto e utilizzati a proprio vantaggio

martedì, maggio 19, 2009

A scuola per diventare novelli Sherlock Holmes. Nel casertano lezioni ad hoc per gli investigatori

Per due mesi lavoreranno fianco a fianco esperti del settore e aspiranti investigatori. Il criminologo Bruno: ''C'è ancora tanta confusione sulla materia''

Roma, 17 mag. - (Adnkronos) - A scuola per diventare Sherlock Holmes. A rivestire i panni del più famoso detective, il primo a rendere popolare la criminologia attraverso la raccolta sul campo di prove e indizi, saranno avvocati, medici, investigatori e aspiranti detective che per due mesi, dalla metà di maggio sino a fine giugno, si daranno appuntamento nel casertano, a Santa Maria Capua Vetere, presso la Scuola di formazione forense, per discutere di criminologia, attraverso l'analisi di delitti e investigazioni.

"In effetti - spiega il criminologo Francesco Bruno, tra i relatori dello speciale corso organizzato dall'Ordine degli avvocati del Foro di S.Maria Capua Vetere con il patrocinio dell'Osservatorio Giuridico Italiano - la criminologia è una materia sulla quale si brancola ancora nella confusione. Per non parlare delle carenze che si registrano tra gli addetti ai lavori".

Da qui la necessita' dei corsi che servono come aggiornamento per le categorie coinvolte ma che, come dice il noto criminologo, "sono aperti anche a chi non mastica di investigazione ma si vuole creare un futuro nella disciplina". Ad illuminare su una materia ancora tanto "sconosciuta", per dirla con Bruno, tra gli altri interverranno il colonnello del Ris di Parma, Luciano Garofano, lo psichiatra Alessandro Meluzzi, Adolfo Ferraro dell'Opg di Aversa, il questore di Caserta, Guido Nicolo' Longo e il presidente dell'Associazione Italiana Psicologia, Massimo Lattanzi, il medico legale Mariano Di Meo. "La verità - argomenta Francesco Bruno - e' che da una parte c'e' la medicina legale che ignora i contributi di psichiatria e viceversa, ed entrambi ignorano gli aspetti giuridici legati alla criminologia. Risultato: ancora oggi ci sono equipe che non riescono ad integrare il loro lavoro in maniera da interscambiare le competenze. La vicenda di Garlasco ne e' un esempio emblematico per cui gli stessi giudici guardano alla vicenda senza una guida".

Proprio per cercare di fare dialogare queste realtà ci saranno anche esperti di diritto penale (Giuliano Balbi, dell'Universita' di Napoli, Gianluca Tretola, Elio Sticco, Giulio Amandola). "Nella disciplina della criminologia - argomenta ancora il professor Bruno - gli avvocati sono agli albori. Spesso il sistema giustizia non sa come comportarsi di fronte a serial killer. Le carenze maggiori nel nostro Paese sono dovute al fatto che le novita', a livello di giurisprudenza, sono continue e contrastanti e spesso gli avvocati faticano a stare dietro a tante novita'". Ma le carenze, come dice il criminologo, si registrano anche tra i provetti investigatori. Al termine dei corsi, i partecipanti, rilevano gli organizzatori, avranno "una visione sintetica ma esaustiva delle problematiche sui profili criminologici e tecniche investigative". Adetti ai lavori ed aspiranti investigatori si misureranno su diversi temi tra i quali 'I delitti contro la vita', in particolare 'l'omicidio doloso, l'uxoricidio, il figlicidio' .

Il 21 maggio si parlerà dell'omicidio seriale: il serial-killer, lo spree-killer, il mass-murderer - profilo psico-criminologici'. Argomento da cui non si puo' prescindere nell'investigazione riguarda la "perizia psichiatrica sul soggetto autore dell'omicidio" (se ne discutera' nelle lezioni del 28 maggio). Il 4 giugno sara' la volta dell'"esame medico-legale della vittima". L'11 dello stesso mese sara' discusso il tema: "La tecnica investigativa in caso d'omicidio; le nuove tecniche scientifiche d'investigazione sui luoghi, sulle persone e sui reperti". Tra le ultime lezioni del corso ad hoc per investigatori si parlera' ancora di "imputabilita', colpevolezza e pericolosita' sociale- problematiche legale all'ospedale psichiatrico giudiziario". Ne usciranno novelli Sherlock Holmes? "Queste lezioni possono dare risultati come aggiornamento - dice Francesco Bruno - per chi mastica la disciplina della criminologia, ma anche per un giovane inesperto possono rappresentare un'importante esperienza da portare avanti. Magari come professione. Anche se - si rammarica - in pochi ormai vogliono fare questo mestiere...".

lunedì, maggio 18, 2009

Nasce il centro anti-cybercrime

Si chiamerà Cnaipic la struttura pensata per proteggere i centri vitali dell'Italia -acqua, luce gas, trasporto su strada, rotaia e aereo - da attacchi di pirati informatici. Dopo 4 anni di preparativi sarà operativo entro questa estate, con sede a Roma

ROMA - Fra problemi burocratici e logistici ci sono voluti quasi 4 anni, ma alla fine è arrivato. Entro l'estate sarà finalmente inaugurato lo Cnaipic, il Centro anticrimini informatici per la protezione di infrastrutture critiche, la struttura nazionale pensata per proteggere dai cyber crimini tutte le reti e i servizi informatici che erogano servizi essenziali per la nazione. Il Centro sarà gestito dalla Polizia postale e delle Comunicazioni, e avrà sede a Roma, vicino a Cinecittà.

Le attività del centro, ha spiegato Antonello Novellino, il vice questore aggiunto della Polizia postale, consisteranno nel fornire "servizi di intelligence alle infrastrutture reputate di importanza nazionali, attraverso il monitoraggio dei siti, e la raccolta e analisi dei dati. L'obiettivo è essere presenti 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per portare aiuto a queste infrastrutture in caso di attacchi".

Attacchi che possono avere effetti devastanti. Oggi, infatti, i servizi essenziali - come acqua, luce gas, trasporto su strada, rotaia e aereo - sono erogati attraverso reti telematiche. E un attacco informatico, di matrice criminale o terroristica, diretto a colpire un singolo nodo della rete infrastrutturale, potenzialmente è in grado di azzerare l'intero sistema paese.

Per questo l'idea di un centro per la protezione delle "infrastrutture critiche" era stata introdotta per la prima volta dal decreto legge 144/2005, il famoso pacchetto antiterrorismo Pisanu, che assicurava, da parte del Ministero dell'Interno, "i servizi di protezione informatica delle infrastrutture critiche informatizzate di interesse nazionale".

Quali siano le strutture critiche da proteggere è stato stabilito, nel gennaio 2008, da un decreto del ministero dell'Interno. All'interno dell'area di protezione dello Cnaipic rientreranno Ministeri, agenzie ed enti che operano nei settori dei rapporti internazionali, della sicurezza, della giustizia, della difesa, della finanza, delle comunicazioni, dei trasporti, dell'energia, dell'ambiente, della salute; ma anche la Banca d'Italia e tutte le società partecipate dallo Stato, dalle regioni e dai comuni con più di 500mila abitanti che operano nelle comunicazioni, nei trasporti, nell'energia, nella salute e delle acque.

Inoltre lo Cnaipic proteggerà anche ogni altra istituzione, amministrazione, ente, persona giuridica pubblica o privata la cui attività, per ragioni di tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, sia riconosciuta di interesse nazionale dal Ministro dell'interno, anche su proposta dei prefetti e delle autorità provinciali di pubblica sicurezza.

"Il decreto, nato per contrastare il terrorismo internazionale, poneva anche nel nostro ordinamento una specifica attenzione al problema della protezione delle infrastrutture critiche nazionali, Non solo in quanto assets strategici, ma quali elementi costituenti la spina dorsale del Paese", spiega Roberto Setola, segretario dell'Aiic, l'associazione degli esperti di infrastrutture critiche. "Per questo è importante che si sia giunti a costituire una struttura come lo Cnaipic, che ha il potere di monitorare e prevenire gli attacchi alle infrastrutture, senza dover aspettare di una denuncia per agire".

Lo Cnaipic, infatti, beneficerà degli strumenti investigativi previsti per le attività di contrasto al terrorismo. Il che vuol dire, in parole povere, che il centro potrà - ad esempio - utilizzare intercettazioni di comunicazioni, anche telematiche ed informatiche, con finalità preventive. Ovvero, prima che l'attacco sia commesso.

E le possibilità che ci si possa trovare di fronte a una simile eventualità non sono poche. Attacchi alle infrastrutture critiche informatizzate sono già avvenuti: ne sono un esempio i Titan Rains, nome in codice con cui si indicano gli attacchi che colpirono i computer di tutti gli Stati Uniti nel 2003. O l'ondata di assalti cibernetici su grande scala che subì l'Estonia nel 2007. E nel prossimo futuro episodi del genere potrebbero aumentare. Secondo il World Economic Forum, anzi, esiste una probabilità del 20% che le infrastrutture critiche subiscano attacchi terroristici nei prossimi 10 anni, con un costo economico globale di 250 miliardi di dollari. VALERIO MACCARI

sabato, maggio 16, 2009

DOGLIANI/ Presentazione del libro “L’investigatore criminologo” con Aldo Grasso


SCRITTO DAL CAPITANO DEI CARABINIERI DI FOSSANO. Sabato 16 maggio alle 21 la Biblioteca “Luigi Einaudi” di Dogliani ospiterà la presentazione del libro “L’investigatore criminologo” scritto dal Capitano Biagio Fabrizio Carillo, Comandante della Compagnia dei Carabinieri di Fossano e collaboratore della Cattedra di Diritto Penale della Facoltà di Giurisprudenza e dell’Unità Operativa di Psichiatria forense, Psicologia giudiziaria e Criminologia clinica dell’Università di Torino. L’autore ne discuterà con Aldo Grasso, prestigiosa firma del Corriere della Sera. Il libro fornisce, con un taglio comprensibile a tutti, numerosi spunti di riflessione sul mondo del crimine e sul ruolo dell’investigatore, con una chiave di lettura che può essere applicata anche ai “casi” di stretta attualità.

Propone una riflessione sui problemi legati allo svolgimento delle indagini nell’immediatezza del fatto delittuoso, cercando di individuare un modello investigativo efficace e svilupparne l’utilizzazione pratica.

Convinzione dell’autore è che, al centro di ogni indagine, c’è sempre la “persona” investigatore, con i suoi dubbi e le sue convinzioni, che osserva ma non giudica, che lavora con metodo per tramutare gli indizi in prove, dettando i tempi e utilizzando gli strumenti offerti oggi dalla criminalistica investigativa, confutando oggettivamente le proprie ipotesi, attraverso un percorso intellettivo che parte e giunge a lui. Senza lasciarsi influenzare da personalismi, sentimenti di rivalsa o di eccessiva ambizione.

venerdì, maggio 15, 2009

Vicino rumoroso? anche un solo inquilino può farlo condannare

Cass. Sez. I penale, sentenza n° 41478

L'inquilino rumoroso che se ne infischia dei "richiami bonari" del dirimpettaio la cui quiete viene turbata, può essere condannato penalmente anche se la lamentela è partita da un solo condomino. La rivoluzionaria sentenza riguarda il caso di un salernitano, che era solito fare con i suoi cani "un gioco induttivo del loro frequente abbaio" e suonare uno strumento elettrico anche a tarda ora.

La Prima sezione penale ha convalidato la condanna del condomino anche in ragione della "indifferenza" dell'inquilino rumoroso" a qualsivoglia bonario richiamo", sottolineando "l'irrilevanza della mancata proposizione di doglianza da parte di altri condomini".
Sicché, "pur quando dell'evento di disturbo si sia lamentata anche solo una persona, ben può ravvisarsi il reato di disturbo allorché i rumori abbiano determinato oggettivamente, in ragione della loro potenzialità diffusiva, una situazione tale da poter recare disturbo ad una pluralità di soggetti".

Per questo motivo, invano è stato il ricorso dell'inquilino rumoroso (già multato dal Tribunale di Salerno per il reato previsto dall'art. 659 c.c.) in Cassazione facendo notare che il "maggioritario indirizzo giurisprudenziale" prevede che in tema di disturbo del riposo e delle occupazioni delle persone, il disturbo deve essere segnalato da una "pluralita' di persone" altrimenti si resta nell'illecito civile.

I misteri di via Fani

Ex legionario. Tiratore scelto. Una vita tra criminalità e terrorismo. Nuove carte dal Paraguay riaccendono l'attenzione su Giustino De Vuono

Il 16 marzo 1978, via Fani, Roma. Un commando delle Brigate rosse mette in atto il sequestro di Aldo Moro, allora presidente della Democrazia cristiana. Da sette armi diverse vengono esplosi 91 colpi. Un'arma in particolare ne spara 49. Vanno tutti a segno. Sul terreno restano i corpi senza vita dei cinque uomini della scorta di Moro.

Solo un tiratore esperto poteva sparare con tanta precisione. E quel personaggio potrebbe essere Giustino De Vuono, un ex legionario molto abile con le armi, la cui foto segnaletica venne inserita nella lista dei possibili esecutori della strage di via Fani. Un passato fra delinquenza comune e 'ndrangheta, De Vuono era stato politicizzato dalle Br durante un soggiorno in carcere. Agli atti della Questura di Roma c'è un verbale del 19 aprile 1978 in cui un teste, Rodolfo Valentino, conferma: «Verso le 10 del 16 marzo, mentre mi trovavo alla guida della mia auto, rimasi colpito da un fatto: una Mini o una A112 di colore verde mi ha sorpassato a grande velocità fermandosi per il traffico prima alla mia destra, poi davanti a me e poi è ripartita.

Alla guida vi era un uomo le cui sembianze mi sono apparse del tutto simili ma con i baffi a quelle di Giustino De Vuono, pubblicate sui giornali, però non ne sono sicuro. Accanto a lui vi era un altro uomo... Pensai che si trattasse di due malviventi che avessero fatto una rapina e per questo li notai». D'altra parte i rapporti tra Br e criminalità organizzata non sono una novità.

«Le armi le compravamo dalla malavita in zona ticinese a Milano», ha raccontato un brigatista, «i contatti c'erano». Ma ora sulla figura di Del Vuono si aprono nuovi scenari. Dai documenti della polizia del Paraguay emerge la sua presenza in Sudamerica negli anni a cavallo dell'omicidio Moro: frequenti spostamenti tra Paraguay e Brasile tra il 1977 e il 1980, ma con un vuoto tra fine '77 e agosto '78. «De Vuono è un personaggio che non ha avuto tutta l'attenzione che avrebbe meritato», dice Aldo Giannuli, perito della commissione Stragi e professore alla Statale di Milano: «Non c'è dubbio che se dovesse essere confermata la sua presenza in via Fani, si sposta tutta la lettura del caso Moro.

Ad esempio, Mario Moretti dovrebbe spiegare com'è arrivato in contatto con il calabrese De Vuono. In quel momento poi, una delle piazze in cui si svolge la partita per liberare Moro è proprio la Calabria. C'è tutta una serie di personaggi che si muovono intorno alla vicenda. Ora poi sarebbe utile sapere perché De Vuono fosse in Paraguay e si spostasse spesso in Brasile». Un passo indietro sulle orme di De Vuono. Asuncion, Paraguay, luglio1981.

La dittatura di Alfredo Stroessner in collaborazione con i servizi segreti dei paesi latinoamericani, compie omicidi e torture di ogni tipo in nome dell'anticomunismo. È di quel periodo un'informativa diretta al capo del Dipartimento d'investigazione della polizia della capitale: narra le vicende di un italiano trovato in Svizzera in possesso di documenti paraguayani falsi. Si tratta di De Vuono.

Come descritto dettagliatamente nel rapporto, che analizza un periodo compreso fra il 1977 e il 1981, De Vuono sarebbe un «presunto integrante» delle Br oltre a essere indicato come uno degli assassini di Moro. Da quanto si evince dal carteggio, stilato in data 4 luglio 1981, la presenza del De Vuono in Paraguay non è una novità: il documento analizza i suoi spostamenti e le sue azioni dal 1977 al 1980. Viaggi e passaggi da un paese all'altro del continente americano, sovente con documenti falsi. Secondo la documentazione presente nel famigerato Archivio del Terrore, Giustino De Vuono sarebbe entrato in Paraguay in automobile, nel giugno '77, con un documento falso a nome Antonio Chiodo.

In quelle circostanze oltrepassò la frontiera tra Brasile e Paraguay in località Puerto Stroessner (oggi Ciudad del Este), zona nota alle cronache odierne per via dei traffici illeciti che la animano giorno e notte. De Vuono non era solo nell'auto. Con lui, c'era Anecio Daniel, documenti brasiliani, proprietario del mezzo e suo complice. Durante il viaggio inizierà a gettare le basi per recuperare altri documenti falsi. Il 22 giugno i due uomini se ne vanno dal Paraguay.

La loro permanenza è stata brevissima. E stavolta l'italiano utilizza la sua vera identità per lasciare il Paese. Nel 1977, dunque, la presenza di De Vuono fra Brasile e Paraguay è cosa certa. Com'è certa una sua dimestichezza nello spostarsi in quelle zone e nell'utilizzare documenti falsi. Ma poi le sue tracce si perdono fino all'agosto del 1978, quando incontra la sua compagna Antonia Vallejos nella capitale paraguayana, Asuncion. Siamo a pochi mesi dal sequestro e l'omicidio del presidente Dc. Nel frattempo in Italia De Vuono è ricercato e nel dicembre dello stesso anno sarà emesso nei suoi confronti un mandato di cattura.

Inoltre, il 15 dicembre 1978, la Questura di Roma certifica che il soggetto in questione è «irreperibile». L'informativa in mano ai poliziotti della dittatura stroessneriana puntualizza che nell'agosto 1979 De Vuono rientra in Paraguay. Lo fa sempre dalla stessa frontiera, ma questa volta è da solo. De Vuono ottiene una Cedula de Identidad e un Certificato di Buena Conducta, come cittadino paraguayano e sotto il falso nome di Antonio Aguero.

Questi documenti furono elaborati e preparati da due militari: l'ufficiale del Dipartimento anti-narcotici Luis Fernandez e il sergente Maggi. I due, forse inavvertitamente, raccontano la vicenda a un loro collega che riferisce ai superiori e denuncia il tutto.

Da quel momento inizia un'indagine e la polizia di Stroessner cerca di mettere agli arresti De Vuono. Non ci riuscirà, perché dall'Italia non giungeranno riscontri. Dal nostro Paese, infatti, arriva la notizia che De Vuono non ha problemi di tipo giudiziario e nemmeno «antecedentes policiales». Almeno così racconta la vicenda un articolo apparso sul quotidiano paraguayano ?Abc?. Per questo De Vuono viene rilasciato immediatamente. E, ottenuta la documentazione necessaria, se ne va un'altra volta dal Paraguay. In ogni caso è evidente come, nonostante frequenti controlli e scoperte di documenti falsi, De Vuono godesse di ampia libertà di spostamenti.

Durante giugno o forse luglio del 1980, il rapporto di polizia non è preciso, De Vuono torna nuovamente in Paraguay. Anche questa volta tenta di procurarsi documenti falsi, sempre corrompendo agenti di polizia. E così riesce a ottenere un passaporto paraguayano n. 424 rilasciato in data 15-01-1981, un Certificado de Buena conducta, rilasciato nella stessa data e la Cedula de Identidad n. 1.141.974. Tutti a nome Dionisi Amacio Martinez. Documenti falsi, trovati poi in suo possesso in Svizzera. Il 15 luglio 1980 in Italia il consigliere istruttore Achille Gallucci invia al procuratore generale una documentazione in cui chiede la revoca del mandato di cattura per De Vuono e altri.

Nel 1981 la vicenda di De Vuono sembra terminare con un fermo di polizia in Svizzera che consentirà di scoprire i documenti falsi dell'italiano. Anche Sergio Flamigni, ex senatore del Pci, custode di un archivio immenso relativo a P2, caso Moro e servizi segreti, chiede chiarezza. «La figura di De Vuono è molto particolare. Sembra svanire nell'aria. Nonostante il riconoscimento da parte di Valentino (aprile 1978), a un certo punto la sua figura scompare.

Ci sono poche informazioni che lo riguardano. Da sempre si è detto che potesse essere lui l'uomo della 'ndrangheta presente in via Fani. Addirittura quello che ha sparato i 49 colpi a segno. Ma non si è andati troppo a fondo. Ci sono molti dubbi ancora oggi, ma c'è la sensazione che fattori ?esterni? abbiano contribuito a far sparire qualcuno dall'occhio del ciclone di quei momenti. Forse i servizi segreti. È una storia italiana di cui probabilmente mai nessuno conoscerà la verità».
di Alessandro Grandi

mercoledì, maggio 13, 2009

Molestie a figlio minorenne condannato a 4 anni e mezzo

Un commerciante genovese di 48 anni è stato condannato a quattro anni e sei mesi con l’accusa di violenza sessuale nei confronti del figlio minorenne. Il pubblico ministero Luca Scorza Azzarà aveva chiesto la condanna a sette anni.

La sentenza è stata pronunciata dal primo collegio della prima sezione penale del Tribunale di Genova. La vicenda risale al 2006, quando la madre iniza ad avvertire alcuni disagi e comportamenti strani nel figlioletto. A quel punto scattano le visite dallo psicologo che parla di possibili abusi subiti dal padre.

Abusi che però non sono mai rapporti completi. La moglie denuncia il marito e partono le indagini. Il perito dell’imputato, però, conferma lo stato di stress del bambino e il disagio, ma lo ritiene imputabile ad altri fattori esterni.

I due coniugi, infatti, erano separati e convivevano rispettivamente con altri compagni.

Fattori che, secondo la difesa, potrebbero avere potuto turbare il bimbo. Il tribunale ha invece ritenuto fondate le accuse e ha condannato l’uomo che, come ha detto il suo difensore, avvocato Stefano Sambugaro, ricorrerà in appello contro la sentenza.

Dalle ronde ai "postini spia" le novità del ddl sicurezza

Il nuovo provvedimento in pillole
TORINO
Lo straniero che entra in Italia illegalmente commette un reato. È la norma centrale del disegno di legge sicurezza che la Camera si avvia ad approvare. Tra le altre novità il prolungamento fino a sei mesi della permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione, legalizzazione delle "ronde", schedatura dei clochard, inasprimento del 41-bis, norme anti-graffittari. Ecco cosa prevede il provvedimento:

REATO DI CLANDESTINITÀ
Lo straniero illegalmente in Italia non rischia la reclusione ma un’ammenda da 5 mila a 10 mila euro e l’espulsione. I rilievi dell’Ue e il rischio di una nuova emergenza carceri hanno pesato nell’esclusione della detenzione dalle pene previste.

TASSA DI SOGGIORNO
Gli immigrati dovranno pagare un ’contributò di soggiornò che avrà un importo di un minimo di 80 euro e di un massimo di 200. Si pagherà per il rinnovo del permesso di soggiorno ma non se questo è per asilo e per la richiesta di asilo, per la protezione sussidiaria e per motivi umanitari.

IMMIGRATI NEI CIE FINO A 6 MESI
La permanenza nei Cie, i centri di identificazione ed espulsione, degli immigrati clandestini, è prolungata dagli attuali 60 giorni a 180 giorni.

CARCERE PER CHI AFFITTA AI CLANDESTINI
Reclusione fino a tre anni per chi, a titolo oneroso, dà alloggio o cede anche in locazione un immobile a uno straniero privo del permesso di soggiorno al momento della stipula o del rinnovo del contratto di affitto.

PIÙ DIFFICILI LE NOZZE CON GLI STRANIERI
Lo straniero che sposa un cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando dopo il matrimonio risieda legalmente nel nostro paese da almeno due anni oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio, se residente all’estero. I tempi sono ridotti alla metà in presenza di figli anche adottati. Lo straniero in ogni caso può contrarre matrimonio con un italiano solo se presenta all’ufficiale dello strato civile, oltre al nulla osta del paese di provenienza, anche il permesso di soggiorno. Più facili invece i matrimoni con le musulmane che risiedono regolarmente in Italia: non sarà necessario che la sposa ottenga il nulla osta dal paese di provenienza, basterà un’autocertificazione alla quale sia allegato un documento dell’ambasciata italiana o del consolato nel paese di provenienza.

VERIFICA DELLE CONDIZIONI IGIENICHE DELLA CASA
L’iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar luogo alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende alloggiare.

POSTINI-SPIA
Gli agenti che si occupano dei servizi di money transfer, possibili anche presso gli uffici postali, acquisiscono e conservano per dieci anni il permesso di soggiorno dell’extracomunitario che richiede il trasferimento di denaro. In caso di mancanza di tale documento gli agenti denunciano lo straniero nel giro di 12 ore pena la cancellazione dall’elenco degli agenti in attività finanziaria.

NO ALL’ANAGRAFE PER FIGLI IRREGOLARI
Cancellata la norma sui presidi e sui medici spia, resta nel testo l’obbligo di esibire agli uffici della pubblica amministrazione il permesso di soggiorno non solo ai fini del rilascio di licenze, autorizzazioni, iscrizioni ed altri provvedimenti di interesse ma anche per i provvedimenti inerenti agli atti di stato civile o all’accesso ai pubblici servizi. Con questa norma, accusa l’opposizione, sarà impossibile per i figli dei clandestini essere iscritti all’anagrafe.

NORME ANTI-WRITERS
Carcere fino a tre mesi e multa da mille a tremila euro per chi danneggia cose di interesse storico o artistico. Se il fatto è commesso su beni immobili o mezzi di trasporto pubblici la pena è la reclusione fino a sei mesi o la multa fino a mille euro. Punito con la sanzione amministrativa di mille euro anche chi vende bombolette spray contenenti vernici non biodegradabili ai minori di diciotto anni.

DECORO DELLE STRADE
Sanzioni amministrative non inferiori a 500 euro anche per chi insozzi le pubbliche vie. Multe da 500 a mille euro anche per chi getta rifiuti dal finestrino di auto o moto in sosta o in movimento.

CONTRASTO ALL’ACCATTONAGGIO
Carcere fino a tre anni per chi si avvale per mendicare di un minore di quattordici anni.

ALBO DEI BUTTAFUORI
Il personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento o di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi dovrà essere iscritto in «apposito elenco, tenuto dal Prefetto competente per territorio». A stabilire i requisiti necessari per ’entrarè nell’elenco della prefettura sarà il ministero dell’Interno che entro 60 giorni dalla data in vigore del ddl emanerà un decreto anche con le modalità di selezione e la formazione del personale, gli ambiti applicativi e il relativo impiego.

RONDE DI CITTADINI
I sindaci, previa intesa con il prefetto, possano avvalersi della collaborazione di associazioni tra cittadini non armati per segnalare alle forze di polizia o locali eventi che possano arrecare danno alla sicurezza urbana o situazioni di disagio sociale. Tali associazioni sono iscritte «in un apposito elenco tenuto a cura del prefetto» che sente anche il parere del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Tra le associazioni di cittadini i sindaci si avvalgono «in via prioritaria» di quelle costituite da ex appartenenti alle Forze dell’ordine, alle Forze Armate e agli altri corpi dello Stato.

CLOCHARD SCHEDATI
Sarà istituito presso il Viminale il registro delle persone «che non hanno fissa dimora». I cosiddetti clochard, dovranno essere schedati in un apposito registro e la registrazione dovrà avvenire entro 180 giorni dall’entrata in vigore della legge. Un emendamento voluto dalla Lega come quello che prevede che «l’iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica sono subordinate alla verifica da parte dei competenti uffici comunali delle condizioni igienico-sanitarie dell’immmobile».

INASPRIMENTO 41-BIS
Viene inasprito il carcere duro, l’articolo 41 Bis, che viene applicato soprattutto per i condannati di mafia e camorra. Detenzione più lunga di altri 4 anni. Si prevedono carceri «ad hoc» per i boss preferibilmente sulle isole. Più difficile per loro comunicare anche con l’esterno.

NORMA ANTI-RACKET
Sarà obbligatorio per gli imprenditori titolari di commesse pubbliche denunciare eventuali estorsioni.

REATO DI OLTRAGGIO
Viene reintrodotta la fattispecie di reato: si prevede fino a tre anni di carcere per chi offende l’onore e il prestigio di un agente o un pubblico ufficiale. Questo reato, che era stato abrogato nel 1999, prevede, dunque, fino a tre anni di reclusione per chi in un luogo pubblico o aperto al pubblico e in presenza di più persone offende l’onore e il prestigio di un ufficiale o agente di pubblica sicurezza.

Raidue Massimo Picozzi torna alla guida de “La linea d’ombra”

INTERVISTE 12/05/2009 - Elisabetta Corsini

Cosa scatta nella mente di un criminale? Cosa spinge una persona apparentemente normale a compiere un delitto? A queste domande cercherà di rispondere il criminologo milanese Massimo Picozzi, che da stasera torna su Raidue con la seconda stagione di “La linea d’ombra”. Dieci pagine della cronaca nera italiana che saranno ricostruite e commentate da Picozzi e da quattro voci importanti, come Monsignor Ravasi, il giudice Severino Santiapichi, il filosofo Umberto Galimberti e la scienziata forense Cristina Cattaneo. La prima puntata, in onda alle 23.40, ripercorre il caso “Ludwig”, una sigla con la quale vennero rivendicati 18 omicidi tra il 1977 e il 1984 nel nordest italiano e in Germania, compiuti da due giovani benestanti mossi da motivazioni xenofobe e di stampo neonazista.

Picozzi, come avete ricostruito i delitti?

Il meccanismo con cui abbiamo costruito il programma è lo stesso di una perizia. Abbiamo raccolto i fascicoli processuali, le voci dei protagonisti e altri materiali. L’idea è di fare un’analisi dal generale al particolare: dal contesto familiare, sociale arrivare all’autore del delitto.

Ogni puntata affronterà un tema diverso come il neonazismo, il disagio familiare... Come avete selezionato i casi?

Non ci sono poi così tanti delitti paradigmatici dei contesti che analizziamo. Quello di “Ludwig” è legato al neonazismo. Non è un caso che ne parliamo proprio in questo periodo, in cui ci sono 150 mila giovani iscritti a gruppi o associazioni simpatizzanti con il neofascismo e solo qualche settimana fa a Milano c’è stato un raduno di estrema destra. Per capire ciò che accade oggi, bisogna prima capire il passato.

Quali sono gli altri omicidi che analizzerete?

Per quanto riguarda i delitti in famiglia, abbiamo scelto il caso di Pietro Maso, tornato di recente attualità, e il caso di Carlo Nicolini, un ragazzo schizofrenico che uccise i genitori perché aveva visto in loro un mostro. Parliamo anche di Milena Quaglini, la seconda serial killer della storia, che ha vissuto in un difficile contesto di violenza. In questo periodo si parla di stalking, abusi, maltrattamenti sulle donne.

In tv ci sono tanti programmi che parlano di crimini. Non si rischia di sfociare nella fiction?

Mi piacciono molto i serial come “Criminal Minds” e “Senza traccia”. Un difetto del serial americano è che le competenze sono tutte racchiuse in una persona, dove il detective è anche psicologo, scienziato.. Nella “Linea d’ombra”, abbiamo quattro persone che ci danno la loro opinione.

Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha criticato alcuni prodotti televisivi che propongono modelli sbagliati. È d’accordo?

No. Come docente universitario, ho avuto la possibilità di leggere diversi studi e non esiste prova che dimostri che assistere a un film o ad un gioco porti alla violenza. Chi prende spunto da un videogioco è una personalità già predisposta al crimine. Le dico anche un’altra cosa curiosa. L’attenzione per i processi, come è accaduto a Como con la gente in fila davanti al tribunale per il delitto di Erba, non è una novità. Nel primo dopo guerra, davanti al tribunale di Roma, si riunirono 20 mila persone per sentire la condanna a Giovanni Fenaroli accusato dell’omicidio della moglie.

martedì, maggio 12, 2009

GARANTE PRIVACY: Videosorveglianza: no al controllo dei lavoratori

Il principio vale anche per aree dove i dipendenti possono trovarsi saltuariamente
Non è lecito installare telecamere che possano controllare i lavoratori, anche in aree e locali dove si trovino saltuariamente. L'uso delle telecamere sui luoghi di lavoro deve rispettare in maniera rigorosa gli obblighi previsti dallo Statuto dei lavoratori, richiamati anche dal Codice della privacy.

Il principio è stato ribadito dal Garante al termine di un'operazione di controllo sull'utilizzo di apparati di videosorveglianza da parte di una cooperativa. L'Autorità ha disposto il blocco del trattamento effettuato mediante alcune videocamere poste in aree suscettibili di transito da parte dei lavoratori, come quelle di carico e scarico delle merci, i box informazioni e la zona circostante. Il sistema di videosorveglianza può, infatti, configurarsi come forma di controllo a distanza dell'attività lavorativa anche nel caso in cui i luoghi di lavoro siano frequentati anche solo temporaneamente dal personale.

A tale proposito, il Garante ha ricordato quanto a suo tempo stabilito dalla Cassazione, la quale aveva confermato che il divieto di controllo a distanza dell'attività lavorativa "non è escluso dal fatto che il controllo sia destinato ad essere discontinuo perché esercitato in locali dove i lavoratori possono trovarsi solo saltuariamente".

lunedì, maggio 11, 2009

Spagna: in video l'omicidio di Carlos Palomino

Spagna. Il sito del quotidiano spagnolo El Pais ha pubblicato ieri il video, ripreso dalla camere di sicurezza della metropolitana di Madrid, dell'accoltellamento del sedicenne Carlos Palomino da parte di un militante dell'estrema destra, Josuè Estebanez.
L'omicidio è avvenuto l'11 novembre 2007, ma solo ieri è stato reso pubblico per volere della madre di Palomino. Il giovane si trovava nella metro per recarsi, insieme ad alcuni compagni, a sostenere gli immigrati del quartiere di Usera durante una manifestazione organizzata dal partito di estrema destra "Democracia Nacional" contro di loro. Nel video si vede Estebanez estrarre un coltello, in attesa che salga un gruppo di ragazzi e quando Palomino gli rivolge la parola, colpirlo rapidamente al petto. Nel resto del video si vede Estebanez un'altra, ferendola in maniera non grave e quindi provare a darsi alla fuga. L'assassino è ora in carcere in attesa di giudizio.

domenica, maggio 10, 2009

"STALKING"

Per la nuova fattispecie di reato è prevista la procedibilità a querela della persona offesa, fatta salva, tuttavia, la procedibilità d'ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d'ufficio.
La vittima della condotta persecutoria può presentare all'autorità competente la richiesta di diffida all'autore della stessa. Quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato, l'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del pubblico ministero che procede, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti persecutori. Se nonostante la diffida formale l'indagato commette nuovi atti persecutori espressamente denunciati all'autorità, il reato è perseguibile d'ufficio e la pena detentiva è aumentata fino a sei anni.
Inoltre gli atti persecutori, di cui alla fattispecie in questione, divengono circostanza aggravante per i reati di violenza sessuale e di omicidio.
In ordine ai reati di omofobia il provvedimento prevede, altresì, all'articolo 3 modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654 ed al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, riconoscendo accanto alla già sanzionata discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, la discriminazione fondata sull'orientamento sessuale o sull'identita di genere.

TESTO UNIFICATO
MISURE CONTRO GLI ATTI PERSECUTORI E LA DISCRIMINAZIONE FONDATA SULL'ORIENTAMENTO SESSUALE O SULL'IDENTITÀ DI GENERE

Art. 1.
(Modifiche al codice penale).
1. Dopo l'articolo 612 del codice penale sono inseriti i seguenti:
«Art. 612-bis. - (Atti persecutori). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque reiteratamente, con qualunque mezzo, minaccia o molesta taluno in modo tale da infliggergli un grave disagio psichico ovvero da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di una persona vicina o comunque da pregiudicare in maniera rilevante il suo modo di vivere, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.
La pena è aumentata fino a due terzi se il fatto è commesso da persona già condannata per il delitto di cui al primo comma.
La pena è aumentata fino alla metà e si procede d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall'articolo 339.
Si procede altresì d'ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d'ufficio.
Art. 612-ter. - (Diffida). - La persona che si ritiene offesa da condotta che può presentare gli elementi del reato di cui all'articolo 612-bis può presentare all'autorità competente richiesta di diffida all'autore della stessa.
Quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere fondato il pericolo di reiterazione del reato di cui all'articolo 612-bis, l'autorità di pubblica sicurezza, su autorizzazione del pubblico ministero che procede, diffida formalmente l'indagato dal compiere ulteriori atti persecutori.
La diffida è notificata all'indagato con le forme di cui agli articoli da 148 a 171 del codice di procedura penale.
Se nonostante la diffida formale l'indagato commette nuovi atti persecutori espressamente denunciati all'autorità, il reato è perseguibile d'ufficio e la pena detentiva prevista dal primo comma dell'articolo 612-bis è aumentata fino a sei anni.».
2. All'articolo 577 del codice penale, primo comma, dopo il numero 4), è aggiunto il seguente: «5) a seguito degli atti persecutori di cui all'articolo 612-bis».
3. All'articolo 609-ter del codice penale, dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente: «La pena è della reclusione da quattro a quattordici anni se il fatto è commesso in seguito ad atti persecutori di cui all'articolo 612-bis».

Art. 2.
(Modifiche al codice di procedura penale).
1. All'articolo 266, comma 1, lettera f), dopo la parola: «minaccia,» sono inserite le seguenti: «atti persecutori,».
2. All'articolo 392, il comma 1-bis, la parole 609-bis è aggiunta la seguente: «612-bis».
3. Al comma 5-bis dell'articolo 398 dopo la parola: «609-octies» è aggiunta la seguente: «612-bis».
4. Al comma 4-ter dell'articolo 498 dopo la parola: «609-octies» è aggiunta la seguente: «612-bis».
5. Dopo l'articolo 282-bis è inserito il seguente: «Art. 282-ter. - (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). - 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa.
2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi.
3. Quando la frequentazione dei luoghi di cui ai commi 1 e 2 sia necessaria per motivi di lavoro, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.
4. I provvedimenti di cui al presente articolo sono comunicati all'autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell'eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio».

Art. 3.
(Modifiche alla legge 13 ottobre 1975, n. 654 ed al decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205).
1. All'articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n. 654, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1, lettera a), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere»;
b) al comma 1, lettera b), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere»;
c) al comma 3, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».
2. La rubrica dell'articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, è sostituita dalla seguente: «Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere».
3. All'articolo 3, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, le parole: «o religioso» sono sostituite dalle seguenti: «, religioso o motivato dall'orientamento sessuale o dall'identità di genere».
4. All'articolo 6, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205, dopo le parole: «comma 1,» sono inserite le seguenti: «ad eccezione di quelli previsti dall'articolo 609-bis del codice penale,».

sabato, maggio 09, 2009

ROMA: SAVIP, UNO SPRECO L'UTILIZZO DI GUARDIE GIURATE NEI CAMPI NOMADI

(ASCA) - Roma, 8 mag - ''Solo un grosso business per certi operatori della vigilanza privata, quelli che notoriamente occupano patti imprenditoriali e di consenso. Nessuno pero' si chiede a cosa serva sostituire con guardie giurate sfornite di qualsiasi potere di controllo gli agenti della Polizia municipale che oggi piu' efficacemente possano vigilare i campi nomadi della capitale''. Lo sostiene, in una nota, il segretario nazionale del SAVIP (Sindacato Autonomo Vigilanza Privata), Vincenzo del Vicario.

''Mentre con i poteri di Polizia Giudiziaria degli agenti della Polizia Municipale e' possibile controllare i documenti delle persone ed i veicoli da esse utilizzate - spiega il comunicato -, una guardia giurata dovra' assistere inerme a qualsiasi traffico illecito, essendo la sua funzione limitata alla sola custodia dei beni. Cio' significa che a fronte di un regalo milionario agli istituti di vigilanza e del disimpegno di vigili urbani che potranno tornare ad accrocchiarsi agli incroci cittadini, il cittadino che paga le tasse vedra' azzerato il valore aggiunto di sicurezza e legalita' che poteva essere assicurato solo dalla Polizia Municipale''.

''Trasmetteremo, dunque, il contratto di appalto alla Corte dei Conti - conclude quindi il segretario nazionale del SAVIP - per far verificare dalla competente Procura se questo uso distorto delle risorse pubbliche sia suscettibile di negativa valutazione come noi fortemente crediamo''

DONATO BILANCIA - SERIAL KILLER DELLA LIGURIA



Approfondimenti

venerdì, maggio 08, 2009

MOSTRO DI FIRENZE: CASSAZIONE, MARIO SPEZI NON HA ANCORA DIRITTO A INGIUSTA DETENZIONE

Roma, 8 mag. (Adnkronos) - Nessun risarcimento per ingiusta detenzione a Mario Spezi, l'ex giornalista 63enne della 'Nazione' finito in carcere per ventitre' giorni (dal 7 al 28 aprile 2006) con l'accusa aver volontariamente depistato le indagini sui delitti del 'mostro di Firenze'. Il tribunale del riesame lo aveva poi scagionato e liberato perche' il fatto non sussisteva. Lo ha stabilito la Cassazione (Quarta sezione penale, sentenza 19666) che ha bocciato il ricorso presentato dalla difesa di Spezi. Secondo la Suprema Corte il risarcimento non si puo' ancora accordare al giornalista fiorentino "dovendosi ancora accertare se la mancanza di gravi indizi, mancanza che secondo Spezi, ha provocato l'annullamento della misura cautelare da parte del tribunale del riesame, sara' confermata nel giudizio di merito del quale ancora si ignora l'esito".

Mario Spezi, impegnato a seguire per il suo giornale le terribili vicende del 'mostro di Firenze', fu arrestato con l'accusa di depistaggio delle indagini sulla morte di Francesco Narducci, un medico perugino coinvolto nell'inchiesta relativa ai presunti mandanti dei delitti del 'mostro'. Uscito dal carcere, Spezi ha avviato la procedura per il risarcimento per ingiusta detenzione ma la Corte d'appello di Perugia, nel novembre 2007, ha bocciato la richiesta sulla base del fatto che, poiche' "la domanda era stata avanzata quando ancora era in corso il procedimento di merito, la sentenza di proscioglimento o di condanna non era divenuta irrevocabile".

E ora la Cassazione e' stata dello stesso parere. Nel respingere il ricorso di Spezi, gli 'ermellini' hanno evidenziato che "il caso in esame non rientra tra quelli ritenuti 'marginali' nei quali l'ingiustizia formale risulta anche dalla sentenza di merito, e non solo da un provvedimento nel procedimento cautelare, dovendosi comunque ancora accertare se la mancanza di gravi indizi sara' confermata nel giudizio di merito del quale si ignora l'esito". Per l'ingiusta detenzione, dunque, il giornalista dovra' attendere ancora visto che e' in corso l'udienza preliminare.

Nuovo caso di 'stalking', arrestato un uomo di Bojano

Già condannato per maltrattamenti in famiglia e danneggiamento non rispetta le prescrizioni del Giudice a tutela dell’ex moglie e figlie e perciò viene arrestato.

A finire in manette un operaio bojanese di 45 anni fermato dai carabinieri in esecuzione di un provvedimento cautelare emesso dai giudici del Tribunale di Campobasso. Si tratta di un nuovo caso di "stalking". G.L.S., queste le iniziali dell’uomo, era già stato arrestato nell’agosto del 2008 quando il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Campobasso, accogliendo la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica dopo le indagini dei Carabinieri di Bojano, emise mei suoi confronti un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari. L'uomo era stato denunciato diverse volte in precedenza dalla moglie. Per lui scattarono le accuse di maltrattamenti in famiglia e minacce. Secondo la ricostruzione dei carabinieri l’uomo, in più occasioni, e fino al luglio 2008, con atti di violenza fisica e morale, aveva maltrattato la moglie, ripetutamente offendendola ed in alcune occasioni ricorrendo alla violenza fisica. Inoltre l'avrebbe minacciata di morte, tra l’altro impedendole di utilizzare l’autovettura. La donna è affidataria dei quattro figli, tutti minorenni, della coppia. Il 26 gennaio 2009 il Tribunale sostituiva gli arresti domiciliari con la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare prescrivendo all’uomo di non avvicinarsi all’immobile nel quale vivono la moglie e le figlie, al luogo di lavoro della moglie ed alla scuola delle figlie. Il 16 marzo 2009 l’uomo è stato poi condannato dal Tribunale di Campobasso per maltrattamenti in famiglia e danneggiamento a due anni e due mesi di reclusione.
Nonostante le misure disposte dai Giudici a tutela della donna e delle sue figlie, l’uomo, nel tempo, come hanno anche accertato i Carabinieri della Stazione di Bojano, avrebbe continuato a violare le prescrizioni impostegli avvicinandosi sia alla moglie che alla casa di abitazione della donna e delle figlie.
Pertanto, il Giudice monocratico del Tribunale Penale di Campobasso, che ha accolto la richiesta avanzata dalla Procura della Repubblica, ha emesso un ordinanza di misura cautelare personale detentiva nei confronti del 45enne, disponendone la sottoposizione al regime degli arresti nella abitazione della famiglia di origine.

L'ex presidente della Viterbese Calcio arrestato per bacarotta

Angelo Menghini aveva creato un impero nella vigilanza privata

VITERBO (8 maggio) - L'ex presidente della Viterbese Calcio, Angelo Menghini, è stato arrestato per bancarotta fraudolenta dalla Guardia di Finanza di Roma. Un'ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari nell'ambito dell'inchiesta sul fallimento di una società del gruppo Securpol, operante nel settore della vigilanza privata, di cui Menghini è il rappresentante legale.

Secondo l'accusa, l'imprenditore romano, attraverso operazioni fittizie di riorganizzazione societaria e passaggi di quote azionarie avrebbe causato un passivo di 3 milioni di euro. A partire dal 1975, Menghini aveva creato un piccolo impero nel campo della vigilanza privata, con sedi in tutta Italia, Viterbo compresa. Menghini è stato presidente della Viterbese Calcio dal 1996 al 1998, anno in cui cedette la società a Luciano Gaucci.

Commercio: contributi per sicurezza e prodotti sfusi

Da lunedì 11 maggio si potranno presentare le domande in Comune. Piccoli contributi per ci installa distributori di prodotti sfusi e telecamere

L’amministrazione comunale di Castellanza informa che dal prossimo 11 maggio 2009 sarà possibile per i commercianti al dettaglio presentare le domande per ottenere il contributo relativo a due distinte iniziative, “COMPRARE SFUSO” e “COMPRARE SICURI”; i bandi sono rivolti, rispettivamente a:

- installazione di distributori di prodotti sfusi;
- installazione di dispositivi per la videosorveglianza e/o l’antintrusione;

La prima iniziativa si caratterizza per l’incentivazione alla riduzione degli imballaggi, con evidenti ricadute positive in termini di tutela dell’ambiente e, d’altro lato, con la prospettiva di una notevole riduzione del prezzo delle merci che potranno essere acquistate sfuse. Negli esercizi commerciali di vicinato più piccola dimensione (fino a 250 mq. di superficie di vendita) potranno quindi essere installati distributori di pasta alimentare, di legumi, di caffè e the, di caramelle e dolciumi, ecc. e il consumatore sarà in grado di acquistare la merce secondo l’esatto quantitativo di cui necessita, in coerenza con le sue abitudini, riducendo al minimo lo scarto.
Oltre ai prodotti alimentari la novità riguarda anche, ad esempio, i detersivi e i saponi in polvere. Anche in questo caso la clientela sarà invogliata al riuso dei contenitori, con effetti positivi in termini di eliminazione dei rifiuti e contenimento dei prezzi. Si tratta quindi di un’azione ampia che si rivolge a diversi soggetti, sia agli esercenti (con un contributo minimo iniziale del 50% dei costi sostenuti), sia alla clientela (con iniziative informative sulle modalità e sui benefici del “comprare sfuso”) e che intende porre l’attenzione su una concezione più attiva e consapevole dei consumi domestici. Si parla perciò di una misura innovativa nella Regione Lombardia per quanto riguarda gli esercizi commerciali di piccola dimensione, in quanto esistono distributori di prodotti sfusi solo all’interno di esercizi della grande distribuzione organizzata.

La seconda iniziativa vuole andare incontro ad un’esigenza di maggiore sicurezza negli esercizi commerciali, i quali sono a volte oggetto di “attenzioni” non certo gradite, in occasione di furti, rapine e, elemento da non tralasciare, a causa del taccheggio. Il contributo servirà a coprire parzialmente (50%) le spese sostenute per l’installazione di apparecchi quali telecamere, registratori di immagini, sensori, allarmi, ecc. in grado di costituire un forte deterrente, atto ad allontanare i fenomeni criminosi e a ridurre i danni che questi determinano.

Le due misure avviate dall’Assessorato al Commercio ammontano in totale a 40.000 Euro, che verranno erogati in base all’ordine di presentazione delle domande. Al momento il bando è riservato ai titolari di esercizi commerciali al dettaglio di vicinato, ma l’Amministrazione Comunale si propone di ricercare fondi ulteriori per allargare la cerchia degli aventi diritto.

Sul sito WEB del Comune di Castellanza (www.comune.castellanza.va.it ) è possibile prendere visione dei bandi completi e scaricare il fac-simile di domanda (scadenza bandi 9 luglio 2009).

Crimini e Processi - Lo strangolatore di Boston

ALPHONSE BERTILLON

L'inventore del cartellino segnaletico, nel quale si riportano i dati e le informazioni più importanti di ogni delinquente.



Approfondimenti

ISISC - Isituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali - Siracusa

L'ISISC, fondato nel 1972 per iniziativa dell'Associazione Internazionale di Diritto Penale e grazie all'interessamento del Comune, della Provincia, della Camera di Commercio di Siracusa, della Regione Siciliana e del Comune di Noto, è una Fondazione scientifica a fini non lucrativi volta allo studio e all'avanzamento delle scienze penali. Gode del riconoscimento di "organizzazione non governativa" con statuto consultivo presso le Nazioni Unite ed il Consiglio d'Europa ed ha anche un accordo speciale di collaborazione con il Centro delle Nazioni Unite per la prevenzione della criminalità internazjonale. L'Associazione Internazionale di Diritto Penale ha scelto come sede dell'istituto Siracusa, città millenaria la cui storia risale al 734 a.C. e che reca ancora intatte le vestigia del suo storico passato.

È stata in tal modo realizzata l'idea di creare un centro di studi che, a livello post-universitario, curi l'approfondimento dei temi più significativi che interessano la società attuale, organizzi programmi per la specializzazione accademica e professionale, svolga attività di ricerca nel quadro delle discipline penali e criminologiche. Garanti della realizzazione di queste attività sono, sul piano scientifico, l'Associazione Internazionale di Diritto Penale e, sul piano finanziario, gli Enti Locali e la Regione Siciliana. L'Istituto è retto da un Consiglio di Amministrazione che annovera, tra i suoi 25 componenti, eminenti personalità.

Sono chiamati a dirigere i lavori dei seminari, organizzati dall'istituto, Docenti, Studiosi ed Esperti di chiara fama nazionale ed internazionale. I partecipanti sono scelti tenendo particolarmente conto della loro specializzazione, degli interessi scientifici e della diversità di sistemi giuridici.

Alle varie attività partecipano eminenti Professori universitari, provenienti da varie Facoltà, Magistrati, Procuratori, Avvocati, alti Funzionari di Governo e candidati a titoli accademici superiori.

Un così alto livello di docenti e di partecipanti contribuisce a creare un'atmosfera intellettuale stimolante e culturalmente ricca, nella quale prevale un clima di collaborazione e di comprensione.

Quasi tutti i programmi durano una settimana e si articolano in sette ore di lavoro al giorno, con un giorno libero durante la settimana. I dibattiti di ogni seminario si articolano in 30-40 ore di discussione formale all'Istituto e molte ore di discussione informale fuori dall'istituto, nell'albergo in cui tutti i partecipanti risiedono. La durata di questi seminari è equivalente al numero di ore richieste nelle facoltà di giurisprudenza per un corso accademico.

L'istituto cura inoltre l'organizzazione di conferenze internazionali su temi di attualità e di grande rilievo internazionale. E’ dal 1984 che l’ISISC ospita i seminari e i convegni organizzati dall’avv. Luisella de Cataldo, componente del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto, sul tema della psicologia giuridica e pubblica, con la CEDAM di Padova, i volumi che ne raccolgono gli atti. Lo sviluppo che ha conosciuto in Italia questa disciplina è stato sostanzialmente favorito dalla disponibilità offerta dall’Istituto all’incontro di studiosi italiani e stranieri nella sua sede prestigiosa e all’impiego di mezzi e risorse che hanno consentito la divulgazione e il consolidamento anche scientifico della psicologia giuridica a livello nazionale e internazionale. La neo costituta Società di Psicologia Giuridica (SPG) a nome del Presidente, del Consiglio Direttivo, dei Consiglieri e dei soci ringrazia l’ISISC e in modo particolare il suo presidente Prof. Bassiouni per il grande contributo dato e si augura, anche per il futuro, di essere all’altezza della fiducia di cui ha beneficiato e che potrà essere rinnovata a condizione che siano mantenuti gli standard di qualità che, anche personalmente, ho sempre cercato di garantire.

giovedì, maggio 07, 2009

L'Olaf compie dieci anni

Bruxelles, 7 mag (Velino) - "OLAF" è l'acronimo francese della denominazione "Ufficio europeo per la lotta antifrode": “Office européen de lutte anti-fraude” ed ha sede a Bruxelles, e sta per compiere dieci anni. Fu creato nel '99 all'indomani delle dimissioni della Commissione Europea, le prime nella storia dell'Ue, per sospette irregolarità nella gestione del bilancio comunitario, frutto, quindi, una legislazione d'emergenza. Il portavoce dell'Olaf, un italiano, ex ufficiale della guardia di Finanza, Alessandro Butticè, al VELINO fa il punto sull'organismo comunitario guidato da oltre un anno dal magistrato tedesco Franz-Hermann Bruner.

Possiamo definire l'OLAF come una squadra di polizia europea?

"L'OLAF non è una squadra di polizia europea, né un servizio segreto o un ufficio del pubblico ministero, ma un servizio di indagini amministrative dell'Unione europea volto a lottare contro la frode ai danni dell'Unione, ma anche contro la corruzione e altri atti illeciti all'interno delle istituzioni comunitarie. Tutelando il bilancio dell'Unione, l'OLAF opera nell'interesse dei contribuenti europei".

Cosa ha fatto e sta facendo l'OLAF a tutela del contribuente cittadino europeo?

"Tutelando il bilancio dell'Unione Europea, l'OLAF opera nell'interesse dei cittadini-contribuenti europei. Milioni e milioni di sigarette importate di contrabbando nell'Unione europea dai Balcani; una Ong che ha ottenuto in maniera fraudolenta un duplice finanziamento da donatori diversi per lo stesso progetto di sviluppo; la sospetta collusione tra alcuni appaltatori e un funzionario dell’Unione che permetteva loro di presentare fatture gonfiate ottenendo in cambio che lavorassero privatamente per suo conto: sono solo tre esempi degli oltre 200 casi di sospetta frode o corruzione aperti ogni anno dall'OLAF.La missione dell'OLAF è tutelare gli interessi finanziari dell'Unione europea e lottare contro la frode, la corruzione e qualunque altro illecito che abbia implicazioni finanziarie, comprese eventuali gravi violazioni nelle istituzioni europee. In altre parole, l'OLAF tutela il denaro dei contribuenti europei accertando che i fondi comunitari siano spesi in modo corretto , che l'Unione non sia defraudata delle entrate che le sono dovute e che il personale dell'Unione agisca conformemente alle regole". (segue)

L'OLAF si occupa anche di frodi come quelle con le carte di credito?

"No, perché l'OLAF non ha competenza per lottare contro frodi che non riguardano il bilancio dell'Unione. In altre parole, deve essere in gioco il denaro dell'Unione europea. Lo stesso vale per la lotta contro la corruzione: l'OLAF può investigare unicamente se si sospetta che siano coinvolti membri del personale dell'Unione".

Quanto costa e quanto rende l'OLAF ai cittadini europei?

"Il bilancio annuo dell'OLAF supera i 50 milioni di euro. Nel periodo 2005-2007 sono stati recuperati oltre 200 milioni di euro all'anno grazie alle indagini dell'OLAF, con particolare riferimento al contrabbando di sigarette".

Come lavora l'OLAF, da solo o in collaborazione con le polizie nazionali?

"L'OLAF puó condurre autonome indagini amministrative, ma può altresì coadiuvare le autorità degli Stati membri assistendole nelle loro indagini amministrative o penali o coordinando casi transnazionali.I poteri di indagine dell'OLAF dipendono in larga misura dall'oggetto del caso: l'OLAF può ad esempio perquisire gli uffici dei funzionari dell'Unione, ma non le loro abitazioni. Gli investigatori dell'OLAF possono effettuare ispezioni presso le imprese dei beneficiari di sovvenzioni comunitarie, ma non possono farvi irruzione; soltanto le autorità nazionali possono farlo. Le persone che non lavorano per l'Unione ed estranee a transazioni che coinvolgano denaro comunitario non possono essere soggette a indagini dell'OLAF.Le attività dell'OLAF riguardano tutte le istituzioni, gli organi, gli uffici e le agenzie fondate dall'Unione, cosi come l'intero territorio dei 27 Stati membri. L’OLAF può intervenire anche in paesi terzi ove siano in gioco finanziamenti europei e sia possibile cooperare con tali paesi sulla base di accordi". (segue)

L'OLAF ha un potere sanzionatorio nei confronti degli autori degli illeciti?

"No. L'OLAF è unicamente un servizio di indagini amministrative. Le relazioni effettuate al termine delle indagini comportano semplici raccomandazioni. Se vi è prova di un potenziale reato, la relazione è trasmessa ai giudici nazionali competenti. Se è appurata una violazione delle norme deontologiche, deve occuparsene l'organo disciplinare dell'istituzione comunitaria interessata. A prescindere da ciò, i finanziamenti non correttamente utilizzati devono essere recuperati dall'organo che li ha originariamente erogati, per esempio dalla Commissione europea".

É indipendente, ma resta un servizio della Commissione Europea.

"L'OLAF è organizzato come una direzione generale della Commissione europea ed è posto sotto la responsabilità politica del vicepresidente della Commissione europea responsabile per l'amministrazione, l'audit e la lotta antifrode.Nelle indagini e nelle operazioni, l'OLAF è però indipendente dalla Commissione europea e non riceve istruzioni da istituzioni, organi, uffici o agenzie dell'Unione europea, né da governi".

Chi sono gli investigatori dell'OLAF?

"Il personale è attualmente composto da circa 400 persone, provenienti da tutti i paesi dell'Unione europea. Il 70% del personale dell'OLAF svolge funzioni legate alle attività operative dell'Ufficio. In ragione della natura dei compiti dell'OLAF, molte delle persone che vi lavorano hanno un passato di magistrati, funzionari delle dogane, ufficiali o agenti di polizia giudiziaria, ispettori fiscali, controllori finanziari, revisori dei conti o esperti di intelligence". (segue)

Chi controlla l'attività investigativa dell'OLAF?

"All'interno vigono rigorosi controlli sulle indagini dell'Ufficio, condotti sulla base di un Manuale di procedura, della legislazione comunitaria vigente e degli strumenti esistenti in materia di protezione dei diritti fondamentali.Il controllo giudiziario sull'OLAF è esercitato dal Tribunale di primo grado delle Comunità Europee, che ha sede a Lussemburgo, presso il quale chiunque sia direttamente interessato da un'azione dell'OLAF può presentare un ricorso. I giudici nazionali degli Stati membri dell'Unione possono, inoltre, esercitare un controllo indiretto sulla legalità delle azioni dell'OLAF ogni qualvolta gli siano demandati casi dell’Ufficio.L'OLAF comprende anche un comitato di vigilanza, composto da cinque esperti esterni indipendenti, che provvede a monitorare regolarmente il lavoro d'indagine dell'Ufficio. Su richiesta del Direttore o di propria iniziativa, il comitato sottopone al Direttore pareri sulle attività dell'OLAF, senza tuttavia interferire nello svolgimento delle indagini in corso".

Un cittadino europeo può rivolgersi direttamente all'Olaf?

"Chiunque può informare l'OLAF di sospetti di frode o corruzione ai danni degli interessi finanziari dell'Unione europea. I membri del personale delle istituzioni europee che desiderino fornire informazioni afferenti le irregolarità nel loro stesso servizio, possono ricevere una protezione speciale. In linea generale, più le informazioni fornite sono tempestive e concrete, meglio è". (segue)

Come si comporta l'Italia nella lotta alle frodi?

"Le misure di contrasto, cioè gli strumenti investigativi e di protezione penale di cui dispone l'Italia sono sicuramente tra le più avanzate in Europa. Sia dal punto di vista dell'organizzazione che dei poteri di cui dispongono le forze dell'ordine (in modo particolare Guardia di Finanza e Carabinieri, ma anche le Dogane e altri) e giudiziari. Appare purtroppo ancora evidente una certa carenza nella prevenzione. Sulla base dell'esperienza maturata in altri settori, penso di poter affermare che la migliore prevenzione dovrebbe essere effettuata attraverso una più scrupolosa applicazione della regolamentazione a livello locale, da parte degli organi statali e locali, cui è demandato il compito del controllo di primo livello. La lotta alla frode, sul piano della prevenzione, richiede soprattutto uno sforzo di carattere pedagogico. I cittadini, sin da quelli più giovani, nelle scuole, nelle università, devono capire che la frode ai danni dell'Unione non é un illecito senza vittime, come spesso si puó pensare. E per questa ragione che attraverso l'attività della nostra rete dei Comunicatori Anti-Frode l'OLAF cerca di combattere la frode, ma anche la corruzione, attraverso l'informazione del cittadino".

Il risultato più significativo di questi 10 anni di attività dell'OLAF?

"Potrei citarne diversi, quale il fatto di costare meno di quanto ha prodotto in termini di denaro recuperato. Ma penso che quello di esistere ancora, dopo 10 anni, sia il risultato più significativo. Altri servizi simili all'OLAF, a livello internazionale, non sono riusciti a festeggiare il decennale. Ogni attività svolta dall'OLAF lascia sempre qualcuno scontento: i soggetti indagati, in caso di indagini, o i denuncianti, in caso di archiviazioni. Le pressioni e i tentativi di destabilizzazione sono stati tanti e non, come molti hanno spesso fatto credere, da parte della Commissione Europea. E l'OLAF quest'anno celebri suoi primi 10 anni di attività. Un servizio che non è perfetto, ma che si sforza di essere all'altezza delle aspettative, seppure tra molte difficoltà".

(Vittorugo Mangiavillani) 7 mag 2009 12:13

Trapani: truffa alle assicurazioni, arrestati 4 professionisti

Avrebbero messo in piedi un’organizzazione per truffare le agenzie di assicurazione, chiedendo il risarcimento dei danni per incidenti stradali mai avvenuti, ovvero per semplici incidenti domestici. In quattro sono stati arrestati, dagli agenti della polizia stradale di Trapani, nell’ambito dell’operazione denominata “Easy Crash”. In manette sono finiti Carmelo Fazio, 44 anni, avvocato di Palermo; gli alcamesi Leonardo Domingo, 40 anni, collaboratore di uno studio legale, e Vito D’Angelo, anche lui di 40 anni, amministratore di un centro privato di fisioterapia; Angelo Rizzo, 45 anni, medico ortopedico presso gli ospedali di Alcamo e Salemi. Tutti sono stati raggiunti da ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip di Trapani, Massimo Corleo, su richiesta del sostituto procuratore Paola Biondolillo. Divieto di dimora nelle province di Trapani e Palermo, invece, per un quinto indagato: Giacinto Raspanti, 55 anni, originario di Palermo ma residente ad Alcamo, dirigente medico del reparto di neurologia dell’ospedale Sant’Antonio Abate.
Gli indagati sono chiamati a rispondere, a vario titolo, di associazione a delinquere e truffa.
In carcere sono finiti Carmelo Rizzo e Leonardo Domingo. Arresti domiciliari, invece, per Vito D’Angelo e Angelo Rizzo. Le indagini hanno preso il via un anno fa. Dalle risultanze investigative sarebbe emerso che i componenti del gruppo avevano ottenuto ingiustificati e spropositati risarcimenti, sfruttando incidenti di lieve entita’. Al vaglio e’ anche la posizione delle persone vittime degli incidenti, alcune delle quali rischiano l’accusa di favoreggiamento. In questa direzione le indagini proseguono e non si escludono, pertanto, ulteriori sviluppi.

LA GELOSIA BRUCIA ANCORA

Roma, 7 maggio ’09 (Fuoritutto) In una recente decisione la Corte di Cassazione ha escluso che un delitto commesso per gelosia sia aggravato dai futili motivi. Il movente della «gelosia morbosa», ha stabilito la Suprema Corte, è uno «stato passionale, causa frequente di delitti anche gravissimi», ma non può essere considerato «un'aggravante per futili e abbietti motivi», confermando la condanna a 14 anni per omicidio della Corte d'Assise d'Appello di Milano nei confronti di un immigrato che aveva ucciso la moglie.
Nel ricorso per cassazione, il procuratore generale di Milano aveva stato chiesto che si tenesse conto dell'aggravante, visto che l'uomo aveva più volte minacciato di morte la moglie «se solo l'avesse vista con altri uomini», perché la considerava una «cosa propria».
L'omicidio sarebbe stato, infatti, lo «sfogo di un desiderio anomalo di possesso in esito ad un lungo periodo di molestie», talché la pena in considerazione dei futili motivi ipotizzati meritava di essere aumentata.
La prima Sezione Penale della Cassazione, nella sentenza in parola (n. 18187 del 2009), ha ricordato, però, come questa aggravante sia configurabile solo nei casi in cui il delitto sia causato da uno «stimolo esterno così lieve, banale e sproporzionato, rispetto alla gravità del reato, da apparire per la generalità delle persone, assolutamente insufficiente a provocare l'azione delittuosa, tanto da poter considerarsi, più che una causa determinante l'evento, un pretesto per dare sfogo all'impulso criminale». Mentre, secondo i supremi giudici, non è così per la gelosia, atteso che tuttora, tale sentimento, anche per la «coscienza collettiva, non è tale da costituire una ragione inapprezzabile di pulsioni illecite».
Invero è stato meramente riaffermato un vecchio principio giurisprudenziale ormai consolidato, ma non è mancato il più vivo disappunto tra quei giudici assolutamente “democratici” che da alcuni decenni si propongono apertamente di moralizzare lo Stato in quanto casta di Sacerdoti del Dio Diritto e comunque di modificare concezioni e costumi di vita ritenuti ormai mero retaggio di un passato non più in grado di reggere il passo con i tempi.
Già in precedenza la Corte aveva escluso la sussistenza dell'aggravante dei motivi abietti nel caso di delitti commessi per ragioni di pura gelosia, ritenendo che, alla luce del comune sentire, in un momento storico in cui si attribuisce sempre maggiore rilevanza alla libertà di autodeterminazione, la sussistenza dell'aggravante dei motivi abietti deve ravvisarsi, non già nel caso in cui un delitto sia compiuto per ragioni di gelosia collegate ad un sia pur abnorme desiderio di vita in comune, ma allorquando sia espressione di spirito punitivo nei confronti della vittima considerata come propria appartenenza, della quale pertanto non può tollerarsi l'insubordinazione.
Occorrerà tuttavia aspettare ancora del tempo perché tale orientamento con il quale appare definitivamente superato ogni tentativo da parte dei giudici di merito di riconoscere al movente della gelosia, non già un disvalore, ma addirittura un apprezzamento; ancora negli anni ’90 si disquisiva se i motivi di gelosia giustificassero la concessione di un’attenuante, quella dei motivi di particolare valore morale e sociale, in considerazione della rilevanza giuridica che in passato veniva accordata alla gelosia quale corollario di quella causa d’onore che fino al 1981 aveva sostanzialmente lasciato impunita la quasi totalità di quei delitti perpetrati per un malinteso senso dell'orgoglio maschile colpito dall'infedeltà coniugale: fatti che oggi costituiscono sempre passioni morali riprovevoli, mai suscettibili di valutazione etica positiva.

Sicurezza. Fiamme Gialle arrestano capo gruppo 'Securpol'

Roma, 6 mag. - A seguito di complesse e articolate indagini di polizia giudiziaria, delegate dalla locale Procura della Repubblica di Roma, la Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Roma fa sapere in una nota di aver eseguito, questa mattina, un'ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari nei confronti dell'imprenditore Angelo Menghini, rappresentante legale di numerose società riconducibili al gruppo 'Securpol', che opera nel settore della vigilanza privata dal 1975 ed ha circa 2.000 dipendenti e sedi operative su tutto il territorio nazionale.

La principale ipotesi delittuosa contestata dall'Autorità giudiziaria romana all'arrestato è quella di bancarotta fraudolenta, il cui passivo è di circa 3 milioni di euro e scaturisce dal fallimento di una azienda del gruppo 'Securpol', "deliberatamente condotta al dissesto e svuotata del suo patrimonio in favore di altre società del medesimo gruppo". Il disegno criminoso "è stato realizzato mediante fittizie operazioni di riorganizzazione societaria, passaggi di quote azionarie e operazioni commerciali simulate".

HORROR LEONARDA CIANCIULLI, LA SAPONIFICATRICE

La linea d'ombra - Dahmer il cannibale di milwaukee

JonBenet Ramsey The Story

ENZO TORTORA - LA VICENDA DI UN UOMO PRIVATO IMPROVVISAMENTE DELLA LIBERTA' DELLA DIGNITA' E DEL DIRITTO ALLA DIFESA.

Segreti del Vaticano

giovedì, marzo 05, 2009

INVESTIGAZIONI

LEGGI SU CUI POGGIA L'INVESTIGAZIONE PRIVATA

Costituzione della Repubblica Italiana
- Art. 24 prescrive che: tutti possono agire per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi. La difesa è un diritto inviolabile in ogni stato e grado.
Leggi fondamentali
- Art. 19 della Dichiarazione dei Diritti dell'Uomo (O.N.U.) grantisce il diritto di: cercare, ricevere, diffondere informazioni ed idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere.
Legge civile
- Art. 2697 Onere della prova: chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che nè costituiscono il fondamento. Chi eccepisce l'inefficacia di tali fatti ovvero eccepisce che il diritto si è modificato o estinto deve provare i fatti su cui l'eccezione si fonda.
Legge penale
- Art. 190 C.p.p. Diritto alla prova: le prove sono ammesse a richiesta di parte. Il giudice senza ritardo con ordinanza escludendo le prove vietate dalla legge e quelle che manifestatamente sono superflue o irrilevanti.....
- Art. 38 norme di attuazione del c.p.p.: Facoltà dei difensori per l'esercizio del diritto alla prova.

lunedì, gennaio 26, 2009

SWIFT

Si tratta di una società con sede a Bruxells partecipata da quasi 6/7 mila organizzazioni finanziarie (Borkers, banche, sistemi di pagamento e gestori di investimenti) di 205 paesi (più quelli dell'Onu). Tali organizzazioni si scambiano informazioni sui trasferimenti di denaro e per farlo si affidano ad alcune forme standardizzate che, tra l'altro, richiedono di svelare il nome di chi invia e quello di chi lo riceve, i loro numero di conto corrente e gli istituti intermediari ecc...Tale società è essenziale per far funzionare la finanza globale e allo stesso tempo, ogni giorno registra più di 11 milioni di transazioni tracciando la mappa precisa dei viaggi del denaro e archiviando una grandissima quantità di informazioni; conti correnti, finanziamenti legali o illegali ecc..

Saperne di più