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mercoledì, maggio 13, 2009

Raidue Massimo Picozzi torna alla guida de “La linea d’ombra”

INTERVISTE 12/05/2009 - Elisabetta Corsini

Cosa scatta nella mente di un criminale? Cosa spinge una persona apparentemente normale a compiere un delitto? A queste domande cercherà di rispondere il criminologo milanese Massimo Picozzi, che da stasera torna su Raidue con la seconda stagione di “La linea d’ombra”. Dieci pagine della cronaca nera italiana che saranno ricostruite e commentate da Picozzi e da quattro voci importanti, come Monsignor Ravasi, il giudice Severino Santiapichi, il filosofo Umberto Galimberti e la scienziata forense Cristina Cattaneo. La prima puntata, in onda alle 23.40, ripercorre il caso “Ludwig”, una sigla con la quale vennero rivendicati 18 omicidi tra il 1977 e il 1984 nel nordest italiano e in Germania, compiuti da due giovani benestanti mossi da motivazioni xenofobe e di stampo neonazista.

Picozzi, come avete ricostruito i delitti?

Il meccanismo con cui abbiamo costruito il programma è lo stesso di una perizia. Abbiamo raccolto i fascicoli processuali, le voci dei protagonisti e altri materiali. L’idea è di fare un’analisi dal generale al particolare: dal contesto familiare, sociale arrivare all’autore del delitto.

Ogni puntata affronterà un tema diverso come il neonazismo, il disagio familiare... Come avete selezionato i casi?

Non ci sono poi così tanti delitti paradigmatici dei contesti che analizziamo. Quello di “Ludwig” è legato al neonazismo. Non è un caso che ne parliamo proprio in questo periodo, in cui ci sono 150 mila giovani iscritti a gruppi o associazioni simpatizzanti con il neofascismo e solo qualche settimana fa a Milano c’è stato un raduno di estrema destra. Per capire ciò che accade oggi, bisogna prima capire il passato.

Quali sono gli altri omicidi che analizzerete?

Per quanto riguarda i delitti in famiglia, abbiamo scelto il caso di Pietro Maso, tornato di recente attualità, e il caso di Carlo Nicolini, un ragazzo schizofrenico che uccise i genitori perché aveva visto in loro un mostro. Parliamo anche di Milena Quaglini, la seconda serial killer della storia, che ha vissuto in un difficile contesto di violenza. In questo periodo si parla di stalking, abusi, maltrattamenti sulle donne.

In tv ci sono tanti programmi che parlano di crimini. Non si rischia di sfociare nella fiction?

Mi piacciono molto i serial come “Criminal Minds” e “Senza traccia”. Un difetto del serial americano è che le competenze sono tutte racchiuse in una persona, dove il detective è anche psicologo, scienziato.. Nella “Linea d’ombra”, abbiamo quattro persone che ci danno la loro opinione.

Il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha criticato alcuni prodotti televisivi che propongono modelli sbagliati. È d’accordo?

No. Come docente universitario, ho avuto la possibilità di leggere diversi studi e non esiste prova che dimostri che assistere a un film o ad un gioco porti alla violenza. Chi prende spunto da un videogioco è una personalità già predisposta al crimine. Le dico anche un’altra cosa curiosa. L’attenzione per i processi, come è accaduto a Como con la gente in fila davanti al tribunale per il delitto di Erba, non è una novità. Nel primo dopo guerra, davanti al tribunale di Roma, si riunirono 20 mila persone per sentire la condanna a Giovanni Fenaroli accusato dell’omicidio della moglie.

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