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domenica, ottobre 16, 2011

10/10 Anche la iperprotezione può divenire maltrattamento in famiglia.

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10/10 Anche la iperprotezione può divenire maltrattamento in famiglia.

Gratuito patrocinio: è reato dichiarare un reddito falso

Gratuito patrocinio: è reato dichiarare un reddito falso: Cassazione penale , sez. feriale, sentenza 21.09.2011 n° 34399 (Maria Spataro )

domenica, ottobre 09, 2011

Cosa sono le Polizze di Credito Commerciale

Cosa sono le Polizze di Credito Commerciale: Le polizze assicurative di credito commerciale hanno sostituito le accettazioni bancarie, nonostante rimangano uno strumento molto simile, pur non contemplando la parte legata al cambio valuta che le accettazioni classiche contemplavano. Secondo alcuni esperti, comunque, le assicurazioni di credito commerciale non sono assimilabili  a delle vere e proprie polizze assicurative ma possiedono molte più caratteristiche [...]




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sabato, ottobre 08, 2011

Identikit di uno stagista

Identikit di uno stagista:
Stagista

Stagista


Una recente indagine condotta da Isfol e Repubblica degli stagisti rivela che ogni anno in Italia vengono attivati circa di 400.000 stage.

Quasi un tirocinante su cinque ha al suo attivo tre o piu’ stage (18,9%); gli intervistati (circa 3.000 stagisti italiani)  sostengono che sia piu’ facile trovare un primo, un secondo e un terzo stage, che un primo lavoro.


In dettaglio i risultati del sondaggio:

Il 28% degli intervistati ha fatto lo stage per completare la propria formazione, il 18% per orientarsi nel mondo del lavoro, il 10% per completare un progetto professionale. La maggior parte degli stagisti ha intrapreso questo tipo di percorso unicamente per trovare un lavoro.

Quasi la metà dei partecipanti al sondaggio ha fatto un solo stage; il 33% ne ha fatti due, il 13% tre e il 4% ha fatto ben 4 stage; vi è addirittura un 1,2% cinque e lo 0,7% piu’ di 5. Lo stagista tipo: è donna (69%) tra i 25 e i 30 anni, laureata.


Ma quali sono le opportunità che si materializzano alla fine di questo percorso?

Al 26% è stato proposto un lavoro (8% contratto a progetto, 8% contratto a tempo determinato, 7% collaborazione occasionale, 3% contratto a tempo indeterminato). Al 19% degli stagisti è stata proposta una proroga dello stage, mentre il 43% non ha ricevuto alcuna proposta.

I più premiati tra quelli che si cimentano in uno stage, sono coloro che hanno come motivazione “orientarsi nel mondo delle professioni”: il 9,5% ottiene un contratto a tempo determinato. Chi invece partecipa con l’unico fine di trovare un lavoro ottiene solamente un contratto a progetto (9,1%).


Il tirocinio è stato effettuato dal 48% dopo (31%) o durante (17%) la laurea specialistica; dal 22% durante o dopo quella triennale. Il 15% degli intervistati ha atteso di aver concluso un master, mentre solo il 7% durante o dopo la scuola superiore.

Quasi la totalità degli intervistati ha effettuato lo stage in Italia (87,6%),  il 10,6% in un altro Paese dell’Unione Europea e   l’1,8% fuori dalla UE.


Diverse le modalità di rimborso: il 44% non ha percepito alcun  rimborso spese; mentre del rimanente 56%, i rimborsi vanno da poco meno di 250 € al mesead oltre 750€.


E voi avete mai fatto uno stage? Raccontateci la vostra esperienza.





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venerdì, ottobre 07, 2011

Nulle le cartelle esattoriali via posta: la Giurisprudenza conferma

Nulle le cartelle esattoriali via posta: la Giurisprudenza conferma:

Nulle le cartelle esattoriali via posta: la Giurisprudenza confermaUna recente sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Lecce (sent. CTP n.197/05/11) si allinea ad altre precedenti pronunce di altri Giudici tributari, secondo le quali risulta addirittura inesistente la notifica della cartella inviata a mezzo posta direttamente dai dipendenti di Equitalia e senza l’ausilio dei soggetti individuati dalla legge:



  1. gli Ufficiali della riscossione;

  2. gli Agenti della Polizia Municipale;

  3. i Messi Comunali, previa convenzione tra Comune e Concessionario;

  4. altri soggetti abilitati dal Concessionario nelle forme previste dalla legge.


La Commissione Tributaria di Lecce ha già chiarito in precedenti occasioni che la notifica degli atti ad opera del concessionario della riscossione non può essere simile a quella dell’Agenzia delle Entrate, dove invece è ammesso l’invio diretto dei propri atti per posta.


Ciò deriva dal fatto che per l’Amministrazione finanziaria si applica la legge n.890/82, dove l’art. 14 prevede “la notifica degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente anche a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari”. Detta previsione, però, è chiaramente riservata agli uffici che esercitano potestà impositiva, con esclusione degli agenti della riscossione che sono preposti solo alla fase riscossiva.


Peraltro, l’attuale articolo 26, come appunto sostituito dall’art. 12 del D.lgs. n.46/99, ora dispone che “la cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento”.


Proprio per tale motivo, i giudici di Lecce nella sentenza in oggetto chiariscono che la cartella inviata per posta è illegittima poiché «… l’art. 26 … nella formulazione successiva alla riforma della riscossione mediante ruolo (DLgs 46/99 e Dlgs 112/99) ha riservato agli uffici che esercitano potestà impositiva (e quindi solo all’Agenzia delle Entrate) la possibilità di notificare avvisi e altri atti anche a mezzo posta …».


Pertanto, qualora dovesse risultare l’invio delle cartelle per posta direttamente da parte del concessionario (attraverso suoi dipendenti sprovvisti dei requisiti previsti dalla legge) gli atti sono da ritenersi inesistenti.


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Istituzione dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza

Istituzione dell'Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza:

Legge nazionale


Con l'approvazione definitiva del disegno di legge S.2631*, avvenuta il 22 giugno 2011, la Repubblica italiana ha finalmente scelto di dotarsi di quello che è considerato, a livello internazionale, uno degli strumenti più importanti per la protezione dei diritti e degli interessi delle persone di minore età: l'Autorità Garante per l'infanzia e l'adolescenza.


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Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato


L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, meglio nota come Antitrust, è stata istituita in Italia nel 1990. E’ un’istituzione indipendente, che prende le sue decisioni sulla base della legge, senza possibilità di ingerenze da parte del Governo né di altri organi della rappresentanza politica. L’Autorità garantisce il rispetto delle regole che vietano le intese anticoncorrenziali tra  imprese, gli abusi di posizione dominante e le concentrazioni in grado di creare o rafforzare posizioni dominanti dannose per la concorrenza, con l’obiettivo di migliorare il benessere dei cittadini. Dal 2007 è stato affidato all’Antitrust il compito di tutelare i consumatori dalle pratiche commerciali scorrette delle imprese e dalla pubblicità ingannevole. Per garantire che il confronto sul mercato avvenga lealmente interviene anche contro la pubblicità comparativa che getta discredito sui prodotti dei concorrenti o confonde i consumatori.
Dal 2004 applica la legge sul conflitto di interessi dei titolari delle cariche di Governo.

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Come tutelarsi dai problemi di Internet: recupero di un credito e costituzione in mora

Come tutelarsi dai problemi di Internet: recupero di un credito e costituzione in mora: Oggi parliamo del primo passo giuridicamente necessario a far valere i propri diritti quando si subisce un pregiudizio contrattuale. Spesso capita, infatti, che il consumatore quale parte debole del contratto, dopo aver portato a termine un pagamento, non riceva la prestazione pattuita o viceversa esegua la prestazione senza riceverne il pagamento. Pensiamo ad esempio quante volte si è stati vittima di gestori di telefonia e ADSL che non hanno rispettato quanto pattuito dai loro promoter all'atto della sottoscrizione del contratto con notevoli ritardi nella restituzione di somme addebitate per "errore". A coloro che utilizzano assiduamente Ebay può essere capitato di aver vinto un'asta e non aver ricevuto nel termine stabilito. Ancora, può essere capitato che si sia creditori di una somma di denaro connessa a qualche tipo di rimborso per un prodotto non disponibile. A onor del vero, spesso e volentieri, molti problemi o insoddisfazioni connesse all'acquisto di beni e servizi sono legati anche agli acquisti tradizionali presso le catene di distribuzione e i punti vendita al di fuori dal mondo di Internet. 

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Segnalazioni, reclami e ricorsi al Garante privacy: come fare

Segnalazioni, reclami e ricorsi al Garante privacy: come fare: Segnalazione, reclamo e ricorso: sono, questi, i principali strumenti a nostra disposizione quando riteniamo di aver subito violazioni della nostra privacy, ad esempio ricevendo telefonate ed email indesiderate (in assenza di nostro consenso o, addirittura, contro la nostra esplicita volontà). In questo articolo vedremo cosa fare, concretamente, quando riteniamo che i nostri diritti siano stati violati e, anziché intraprendere un'azione giudiziaria, pensiamo di rivolgerci al Garante della privacy (tenendo comunque presente che la normativa vigente è corposa e complessa) inviando una segnalazione o un reclamo, oppure proponendo ricorso.

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giovedì, ottobre 06, 2011

Perizia di Stima Tecnica: come operano i nostri consulenti tecnici

Perizia di Stima Tecnica: come operano i nostri consulenti tecnici:

Una perizia di valutazione tecnica può essere richiesta per soddisfare diverse necessità con le seguenti modalità:



  • Nel corso di una causa legale, tramite il Giudice si chiede la nomina del Consulente Tecnico d’Ufficio ( perizia di CTU).

  • Con la nomina di un perito di parte.

  • In sede di accertamenti tecnici preventivi, per chiarire alcuni aspetti in una controversia non ancora sfociata in un’azione legale.

  • Richiedendo ad un professionista di esprimersi dal punto di vista tecnico circa una situazione esistente, modificata o da modificare, per capire come è più opportuno procedere. Può anche essere propedeutica alla fase progettuale per conoscere i luoghi e le opere sulle quali intervenire (ad es. una relazione geotecnica per la stima delle caratteristiche del terreno).


Altri tipi, riguardano le perizie di stima di immobili: ove si richiede un giudizio tecnico sul valore venale (o valore di mercato) di una costruzione o di un terreno o di qualsiasi altro bene.


Molto spesso, probabilmente nella maggioranza dei casi, si richiedono perizie tecniche di valutazione dei danni sia per la ricerca delle cause sia del loro ammontare.


Il compito del consulente tecnico non è mai semplice perchè, talora, anche piccoli e banali errori nelle misurazioni, nei rilievi, nelle osservazioni dei fatti possono portare, ad esprimere pareri non pienamente aderenti alla realtà. Vi è poi il discorso delle interpretazioni di parte necessarie per tutelare il cliente, inertpretazioni che non devono mai uscire dalla logica e dalla tecnica.


Ovviamente quando vi sono delle parti contrapposte per interessi e visione dei fatti ogni giudizio espresso da un professionista, scontenta qualcuno, sia che il professionista sia un CTP o un CTU. Il Consulente Tecnico deve sempre operare con la massima rigorosità e correttezza professionale. Dunque è opportuno che ricerchi il più possibile riscontri oggettivi, riferimenti normativi, e di buna tecnica., riportando il tutto in una descrizione puntuale dei luoghi, un’analisi approfondita e logica dei fatti, con una formulazione esperta e tecnica dei rimedi, o dei pareri richiesti.


I risultati ottenuti dovranno servire sia al committente, sia alle altre parti che dovranno visionare la perizia, o esaminare i fatti in una causa per decidere a chi dare ragione (Il Giudice in questo caso), o più semplicemente per addivenire ad un accordo stragiudiziale.


La perizia


La perizia è l’esame tecnico, condotto da esperti, di un fatto, di un evento, di una circostanza o di un manufatto, di una costruzione al fine esprimere un oculato giudizio di merito, supportato da ragionamenti tecnici, con l’obiettivo di risolvere un problema interpretativo definito e descritto all’atto del conferimento dell’incarico dato al Consulente Tecnico.

Detto questo è chiaro che esistono moltissime tipologie di perizie e consulenze tecniche. Le più comuni riguardano la stima di immobili, la stima di danni, la verifica di distanze e misure varie, l’analisi di strutture, la qualità dei materiali, tutte intese sia come consulenze di parte sia come consulenze per conto dei tribunali .


Come viene condotta la perizia tecnica.


Dopo il primo contatto in cui il cliente espone le proprie esigenze viene richieste al cliente di fornire informazioni più dettagliate al fine di programmare, ove necessario, ma quasi sempre lo è, il primo sopralluogo.

Dopo aver preparato tutto l’occorrente per operare adeguatamente nel corso della prima visita (strumenti di misura adeguati al caso specifico, macchina fotografica, carta e penna, oltre la matita, per scrivere e disegnare sul posto eventuali particolari) viene dunque concordata la data della prima visita peritale.

In genere, quando l’incarico sia stato conferito da un privato, non è necessario redigere il verbale di sopralluogo e dunque può essere omesso, quando questo viene redatto è poi necessario menzionarlo nella relazione e/o allegarlo.


L’esame dei luoghi, delle situazioni, e delle varie circostanze, viene fatto in modo minuzioso per non trascurare particolari in prima analisi giudicati magari insignificanti, ma che in seguito potrebbero rivelarsi di importanza fondamentale quando a tavolino si studierà il problema.

Pertanto durante i sopralluoghi si tenterà di documentare tutto ciò che si riesce a vedere, mentre, per quanto celato, ci si riferirà a casi similari noti per tecnica o giurisprudenza. Se necessario si proseguirà approfondendo eventualmente i rilievi con strumentazioni più adatte, con l’ausilio di personale specializzato, o con specifiche analisi scientifiche e di laboratorio.


Ove fosse necessario eseguire delle modifiche allo stato dei luoghi esse saranno opportunamente documentate con foto, disegni e riprese video digitali delle operazioni.

Tutto quanto raccolto durante la visita peritale sarà catalogato con attenzione in riferimento alle parti, ai tempi, ai luoghi ed al collegamento tra loro.


Descrizione dei luoghi e delle circostanze


La perizia dopo le premesse d’obbligo in cui si definiscono lo scopo della relazione tecnica e si identificano le parti, procede con la descrizione dei luoghi e poi dei fatti, in questa prima parte della relazione di perizia, non vengono espressi giudizi, ma si fotografano in modo oggettivo i luoghi e le condizioni esistenti.

Alla parte discorsiva vengono allegate planimetrie, disegni, foto e quant’altro ritenuto essenziale per l’illustrazione completa dei fatti.


Questa metodologia di sviluppo della relazione è comune ad ogni tipologia di perizia. La descrizione parte da aspetti generali e riguardanti l’ambiente in cui si trova l’opera, o dove si sono svolti i fatti principali da esaminare, trattando anche loro evoluzione storico temporale.

Quindi si passa ad illustrare i particolari sempre più dettagliati e rilevanti ai fini della stesura della perizia tutti citanti e descritti uno ad uno.

La chiarezza espositiva è l’obiettivo principale anche perché la perizia non sarà letta solo da tecnici esperti del settore trattato, ma soprattutto perché quando la leggeranno gli avvocati o il Giudice che deve decidere, non essendo tecnici, dovranno comunque avere un documento comprensibile ed affidabile dal quale trarre le proprie conclusioni. Spesso, questo è l’aspetto più arduo specialmente quando occorre valutare problematiche non troppo semplici, dai risvolti tecnici molto complicati. Valutazione critica delle informazioni e giudizio tecnico.


Lo stadio successivo della perizia riguarda l’esame critico e tecnico di quanto rilevato ed osservato sul posto.

I ragionamenti esposti saranno rigorosi e, se necessario, il tecnico incaricato approfondirà per la conoscenza delle tecnologie usate, i materiali, le modalità esecutive, i calcoli effettuati avvalendosi eventualmente anche di altri colleghi dello Studio.

A questo punto si potranno formulare i giudizi correlati e conseguenti all’analisi svolta in precedenza.

L’esame ed il giudizio dei fatti, nella relazione potranno essere distinti o esposti congiuntamente per ognuno degli elementi da valutare il tutto sarà riportato in paragrafi o elenchi numerati, riguardanti ciascuno un preciso elemento, sotto il punto generale definito “Esame e giudizio”.


Questi primi giudizi di merito non costituiscono ancora le conclusioni generali della perizia in cui vengono trattati i risultati con gli eventuali rimedi proposti (quando necessari) ed i costi, ma ne costituiscono il presupposto logico dall’insieme dei quali si trarranno le conclusioni generali di perizia.


Dati tecnici


Tutti i dati utilizzati, quelli provenienti dai rilievi durante le visite peritali e quelli derivati dallo studio (bibliografia, citazioni, leggi ecc.), nonché i risultati dei calcoli e delle analisi della situazione saranno riportati in appositi allegati o in una o più tabelle per avere un immediato riscontro della situazione durante la lettura della perizia.


I risultati raggiunti potranno essere così al meglio utilizzati dal committente, per far valere le proprie ragioni in modo da massimizzare la possibilità che queste siano positivamente accolte dal Giudice o dalle controparti.

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Pubblicità con informazioni incomplete è ingannevole se influenza l'utente: Consiglio di Stato , sez. VI, sentenza 05.09.2011 n° 5000 (Maria Elena Bagnato )

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Maternità, falsa dichiarazione del datore all'Inps: truffa aggravata o previdenziale?: Cassazione penale , sez. Ii, sentenza 08.09.2011 n° 33330 (Laura Biarella )

mercoledì, ottobre 05, 2011

V per Vendetta

V per Vendetta:


Distopia


La nemesi di un sogno, la fine di un ideale, la sconfitta di un popolo, la caduta di una civiltà

Poi, il nulla.

Se ad un uomo viene tolta la sua essenza e il suo ES interiore egli perde la volontà, la forza e la potenza della propria vita.

Il citazionismo è la bellezza della cultura che diviene mecenatismo e, al contempo, la cristallina presenza di una sapienza interiore.

Se in una determinata opera siamo in grado di controllare lo stato, presenziare alla sua iniziazione, possiamo ritenerci fortunati.

Se della stessa opera siamo capaci di comprenderne l’essenza e, ove presente, il messaggio, possiamo ritenerci sapienti.

Ma se un’opera, un film, un fumetto, un libro o una canzone, una statua, un dipinto, una chiesa o una moschea, una grotta, una pittura rupestre, una straordinaria galassia, un cosmo di sensazioni, una scienza mai celata, una innaturale poesia, un fiore, una farfalla o una balena potessero narrare l’inconfondibile essenza della purezza che rappresentano, allora e solo allora avremmo visto la chiarezza della nostra anima che si espande per travalicare la fisicità della carne per scoprire, pienamente, il mistero della vita.

V per Vendetta non è nuovo alla creazione delle sensazioni, V è la perfetta denuncia e il rammarico di alcuni elementi comuni: un uomo, un popolo, una idea.



I popoli non dovrebbero temere i propri governi: sono i governi che dovrebbero temere i loro popoli.


Nella totale presenza citazionistica di un’opera si giunge in un momento in cui le parole di un protagonista divengono il vessillo di una moltitudine di identità: la rappresentazione perfetta delle sensazioni, delle paure e delle angosce di un popolo si riversano nei bui occhi di V.

V è un leone da palcoscenico, è un uomo che è morto senza mai risorgere, è il pianto della vita nei confronti dell’omertà, della follia, della paura stessa.

La pellicola non inficia mai l’opera di Moore e Lloyd e ne riscopre la stupenda chiave che apre la lettura ad una importante interpretazione: “c’è del marcio in questa nazione”.

Assodato che questa è solo una delle possibili letture della graphic novel e del film in sé, ci troviamo davanti ad una spirale rilevante ed avvolgente di eventi.

Se in principio la caduta di un edificio, un simbolo, rappresenta l’origine del rapporto tra V ed Evey (Natalie Portman) il prosieguo è la crescente, o il “crescendo” per citare il buon V, di un piano pensato nei dettagli più piccoli e nei particolari più reconditi.

La verità del film è solo quella che ognuno può capire: la paura è la chiave del dolore; V ne è vittima e portatore allo stesso tempo.

Causa una serie di esperimenti, V è un soggetto ferito nel corpo (un incendio lo ha totalmente sfregiato) e nella mente (non ricorda la sua vita prima degli esperimenti) che decide di vendicarsi dei suoi aguzzini, della follia dittatoriale di un governo fascista e, successivamente scopriremo, sceglie la via della vendetta anche per ciò che è stato fatto ad una donna di nome Valerie.


La storia di Valerie



So che non posso in nessun modo convincerti che questo non è uno dei loro trucchi, ma non mi interessa.

Io sono io.

Mi chiamo Valerie.

Non credo che vivrò ancora a lungo e volevo raccontare a qualcuno la mia vita. Questa è l’unica autobiografia che scriverò e … Dio… mi tocca scriverla sulla carta igienica.

Sono nata a Nottingham nel 1985. Non ricordo molto dei miei primi anni, ma ricordo la pioggia.

Mia nonna aveva una fattoria a Totalbrook e mi diceva sempre che “Dio è nella pioggia”.

Superai l’esame di terza media ed entrai al liceo femminile.

Fu a scuola che incontrai la mia prima ragazza: si chiamava Sara.

Furono i suoi polsi… erano bellissimi.

Pensavo che ci saremmo amate per sempre.

Ricordo che il nostro insegnante ci disse che era una fase adolescenziale, che sarebbe passata crescendo.

Per Sara fu così, per me no.

Nel 2002 mi innamorai di Christina.

Quell’anno confessai la verità ai miei genitori.

Non avrei potuto farlo senza Chris che mi teneva la mano.

Mio padre ascoltava ma non mi guardava.

Mi disse di andarmene e di non tornare mai più.

Mia madre non disse niente, ma io avevo detto solo la verità, ero stata così egoista?

Noi svendiamo la nostra onestà molto facilmente, ma in realtà è l’unica cosa che abbiamo, è il nostro ultimo piccolo spazio…

All’interno di quel centimetro siamo liberi.

Avevo sempre saputo cosa fare nella vita, e nel 2015 recitai nel mio primo film: “Le pianure di sale”.

Fu il ruolo più importante della mia vita, non per la mia carriera ma perché fu lì che incontrai Ruth. La prima volta che ci baciammo, capii che non avrei mai più voluto baciare altre labbra al di fuori delle sue.

Andammo a vivere insieme in un appartamentino a Londra.

Lei coltivava le Scarlett Carson per me nel vaso sulla finestra e la nostra casa profumava sempre di rose.

Furono gli anni più belli della mia vita.

Ma la guerra in America divorò quasi tutto e alla fine arrivò a Londra.

A quel punto non ci furono più rose per nessuno.

Ricordo come cominciò a cambiare il significato delle parole.

Parole poco comuni come “fiancheggiatore” e “risanamento” divennero spaventose, mentre cose come Fuoco Norreno e gli articoli della fedeltà divennero potenti.

Ricordo come “diverso” diventò pericoloso.

Ancora non capisco perché ci odiano così tanto.

Presero Ruth mentre faceva la spesa.

Non ho mai pianto tanto in vita mia.

Non passò molto tempo prima che venissero a prendere anche me.

Sembra strano che la mia vita debba finire in un posto così orribile, ma per tre anni ho avuto le rose e non ho chiesto scusa a nessuno.

Morirò qui… tutto di me finirà… tutto… tranne quell’ultimo centimetro…

Un centimetro… è piccolo, ed è fragile, ma è l’unica cosa al mondo che valga la pena di avere.

Non dobbiamo mai perderlo, o svenderlo, non dobbiamo permettere che ce lo rubino…

Spero che chiunque tu sia, almeno tu, possa fuggire da questo posto; spero che il mondo cambi e le cose vadano meglio ma quello che spero più di ogni altra cosa è che tu capisca cosa intendo quando dico che anche se non ti conosco, anche se non ti conoscerò mai, anche se non riderò, e non piangerò con te, e non ti bacerò, mai… io ti amo, dal più profondo del cuore…

Io ti amo.


Valerie



La parte centrale della pellicola, la parte in cui abbiamo compreso cosa significhino parole come “rivoluzione” o “vendetta”, parole come “libertà” divengono di una limpidezza esaltante e fulgida; la parte in cui diviene chiaro che Evey è vittima del sistema è anche il momento in cui, la più bella delle storie viene mai narrata.

Valerie è una donna che subisce le stesse violenze di V, è la donna che è nella cella fianco alla sua.

Valerie è una cavia da laboratorio, è una vittima inconsapevole del terrore, Valerie è la fisica morte di una epoca.

Prima della fine, prima della straziante parola ultima di una persona prigioniera, Valerie era una donna.

Innamorata: immaginifica la scena in cui lei e Ruth si baciano, col tramonto che fa da cornice al loro amore più puro, come se il creato benedicesse l’essenza stessa della vita.

Non è possibile, in alcun luogo di questo nostro mondo, in alcun aspetto, cultura o frangente; non è possibile sottrarsi all’amore.

E non è possibile farlo in nessuna delle sue forme.

Ecco che Valerie diviene lo specchio della lotta e della repressione del diverso, eccola mentre ama Ruth e vive il sogno della sua vita, eccola mentre ammira le Scarlet Carson sul suo balcone e comprende la bellezza della natura umana e la sua forza più pura.

Poi il tempo e gli eventi arrivano a portare il dolore e tutto ciò che era stato creato viene spazzato via senza alcun senso.

Nella lettera di Valerie è possibile leggere anche la stupida credenza dell’uomo che l’omosessualità sia un male, che il diverso sia da scansare, che il colore della pelle sia una classificazione di superiorità o inferiorità, che tutto ciò che è esterno alle classiche vedute dei normali sia negativo e vada, senza remore, represso.

Lapidarie due delle frasi della donna:


Ancora non capisco perché ci odiano così tanto.


…per tre anni ho avuto le rose e non ho chiesto scusa a nessuno.


Ende


V da inizio alla sua personale cerca della vendetta.

V sprona il popolo britannico alla ribellione silenziosa, fatta “solo” della sua stessa presenza.

V è il padre di tutti ed è la perfetta unione tra cuore di una nazione e furore di un popolo.

Hugo Weaving riesce là, dove in molti falliscono: animare un volto fermo, una maschera, un uomo finito.

La sua interpretazione denota uno spessore che travalica la bellezza del sonoro, della regia di McTeigue e della colonna sonora stessa (Cry me a river di Julie London, su tutte).

Se le caratterizzazioni dei singoli personaggi risultano impeccabili e sibilline in ogni aspetto, la presenza scenica di V e la costante fermezza di Evey rendono questo, uno dei cinecomic più belli di sempre.



Le soluzioni adottate nella pellicola e alcune delle differenze con la novella grafica di cui sopra rendono una fluidità non indifferente, senza mai sfociare in visioni mai dette o in orpelli.

La bellezza di V non è fine alla pellicola ma al messaggio e alle parole che usa per comunicare con coloro a cui tende.

Il continuo citare Edmond Dantes e il Conte di Montecristo è una delle scelte più riuscite per mirare al cuore del senso della Vendetta, intesa come giustizia ingiusta, come conclusione di un cammino, come fonte reale dell’odio.

Il viaggio immaginario di Hugo Pratt

Il viaggio immaginario di Hugo Pratt:

il viaggio immaginario


A venticinque anni dalla retrospettiva ospitata al Gran Palais, il nuovo trionfo dell’arte prattiana nella capitale francese: l’imperdibile catalogo della mostra con cui la Pinacoteca di Parigi omaggerà, dall’17 marzo al 21 agosto 2011, l’opera dell’inventore del fumetto letterario.


Il disegno è stato il perno intorno al quale si è snodata l’intera vita di Hugo Pratt, per altri versi tutt’altro prevedibile: un’esistenza ricca di esperienze, viaggi, amori, durante la quale il Maestro ha giocato e vissuto con la sua arte, spingendosi fin dove la sua sconfinata fantasia riusciva a portarlo.


A venticinque anni dall’importante retrospettiva sull’autore ospitata al Grand Palais, la capitale francese torna oggi a omaggiare il talento di quest’artista fuori dai canoni, padre del graphic novel, con una magnifica esposizione ospitata alla Pinacoteca di Parigi: acquerelli – in larga parte poco noti al grande pubblico – e tavole originali ormai storiche (come quelle del mitico Una ballata del mare salato) che Rizzoli Lizard ha raccolto in un catalogo indispensabile per i numerosi appassionati dell’opera di Hugo Pratt.

martedì, ottobre 04, 2011

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Condannato a 15mila euro per diffamazione su Facebook

Condannato a 15mila euro per diffamazione su Facebook:


Una delle primissime sentenze italiane in tema di risarcimento danni per illeciti compiuti su social network. L’invio di messaggi diffamatori tramite facebook costa caro ad un giovane di Monza: la corte brianzola ha inflitto 15mila euro di condanna per risarcire la vittima del messaggio con cui veniva offesa per una sua patologia visiva, veniva derisa per via di alcune sue preferenze maschili ed inclinazioni sessuali.


E così, rilevata la “evidente lesione di diritti e valori costituzionalmente garantiti (la reputazione, l’onore, il decoro della vittima)” afferma la corte “e delle conseguenti indubbie sofferenze inferte all’attrice dalla vicenda della quale si discute, in via di equità, può essere liquidata ai valori attuali, a titolo di danno morale ovvero non patrimoniale, la somma” (non certo simbolica, aggiungiamo noi) “di € 15.000,00“.





Tribunale di Monza


Sezione IV Civile


Sentenza 2 marzo 2010, n. 770


Repubblica Italiana


In nome del Popolo Italiano


TRIBUNALE DI MONZA


Sezione IV Civile


Il Tribunale di Monza, Sezione Quarta Civile, in persona del magistrato dott. PIERO CALABRO’


in funzione di Giudice Unico


ha pronunziato la seguente


SENTENZA


nella causa civile iscritta al RG n.4456/09, promossa con atto di citazione notificato in data 12.3.2009


da


F. B., rappresentata e difesa dagli avvocati M.Costantin e R.Mandelli, presso lo studio dei quali in Meda largo Europa n.7 ha eletto domicilio…..…………………………………………………………..


PARTE ATTRICE


contro


T. P., rappresentato e difeso dagli avvocati S.Paganessi, G.Violini e C.Dehò, presso lo studio della quale in Monza via Magellano n.38 ha eletto domicilio………………………………………


PARTE CONVENUTA


Oggetto della causa : risarcimento danni da fatto illecito


All’udienza del 22.12.2009 i procuratori delle parti precisavano le


CONCLUSIONI


come da n.3 fogli vistati dal G.U. ed allegati al processo verbale


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


Con atto di citazione notificato in data 12.3.2009 F. B. conveniva in giudizio, innanzi a questo Tribunale, T. P. per sentirlo condannare all’integrale risarcimento “del danno morale soggettivo o, comunque, del danno non patrimoniale” sofferti in conseguenza della subìta lesione “alla reputazione, all’onore e al decoro” cagionatale in data 1.10.2008 dal convenuto mediante l’invio di un messaggio per il tramite del social network “Facebook”.


Deduceva F. B.:


-che, conosciuto T. P. su “Facebook”, ebbe ad intraprendere con il medesimo una relazione sentimentale;


-che, anche al termine di tale relazione, continuò a comunicare ed interagire con il convenuto e con i numerosi comuni “amici” del sito;


-che, portatrice di una patologia (una forma di strabismo definita “esotropia congenita”) ben nota a T. P., si vide inviare da quest’ultimo tramite “Facebook” in data 1.10.2008 il seguente messaggio: “Senti brutta troia strabica che nn sei altro… T consiglio di smetterla. Nn voglio fare il cattivo sputtanandoti nella tua sfera sociale dove le persone t stimano (facebook, myspaces, ecc.).Purtroppo nn siamo Tommy Vee o Filippo Nardi …quindi nn appetibili sessualmente per te. T consiglio di caricare le foto ove la frangia nn t nasconde il litigio continuo dei tuoi occhi e nello stesso tempo il numero di un bravo psichiatra che può prescriverti al più presto possibile, pastigle rettali da cavallo con funzione antidepressiva (se t piaceva il dito nn mi immagino il farmaco). Con queste affermazioni, vere, chiedo di eclissarti e di smetterla di ossessionarmi come il tuo grande idolo e modello comportamentale… Mentos! Ah… Tutti i miei orgasmi erano finti … =) ihoho”;


-che tale messaggio, oltre ad infierire sul predetto difetto visivo (per il quale era solita nascondere l’occhio sinistro con la capigliatura), aveva in modo grave leso la propria reputazione, il proprio onore e il proprio decoro;


-che il conseguente pregiudizio morale o, comunque, non patrimoniale era suscettibile di essere liquidato nella misura di € 26.000,00 ovvero in quella ritenuta di giustizia.


T. P., costituitosi in giudizio, contestava l’avversa domanda e ne chiedeva la reiezione.


Eccepiva, in particolare, l’assenza di prova della riconducibilità a sé, quale autore, del messaggio de quo e la sua riferibilità all’attrice quale destinataria (non apparendo il suo nome sulla pubblicazione chat prodotta in atti).


Invocava, in via subordinata, l’esimente di cui all’art.599 comma II° CP e la ulteriore norma di cui all’art. 1227 CC, avendo reagito al comportamento persecutorio tenuto da F. B. a seguito dell’interruzione del rapporto sentimentale, decisa dallo stesso convenuto.


Compiutamente trattato il processo e precisate le conclusioni, la causa era trattenuta per la decisione dal Tribunale in composizione monocratica ai sensi dell’art.50ter CPC.


MOTIVI DELLA DECISIONE


La presente controversia, di indubbia peculiarità, trae le proprie origini dal rapporto instaurato tra le odierne parti per il tramite del sito web denominato “Facebook”.


Trattasi, come è ormai notorio, di un c.d. social network ad accesso gratuito fondato nel 2004 da uno studente dell’Università di Harvard al quale, a far tempo dal settembre 2006, può partecipare chiunque abbia compiuto dodici anni di età: peraltro, se scopo iniziale di “Facebook” era il mantenimento dei contatti tra studenti di università e scuole superiori di tutto il mondo, in soli pochi anni ha assunto i connotati di una vera e proprie rete sociale destinata a coinvolgere, in modo trasversale, un numero indeterminato di utenti o di navigatori Internet.


Questi ultimi partecipano creando “profili” contenenti fotografie e liste di interessi personali, scambiando messaggi (privati o pubblici) e aderendo ad un gruppo di c.d. “amici” : quest’ultimo aspetto è rilevante, anche ai fini della presente decisione, in quanto la visione dei dati dettagliati del profilo di ogni singolo utente è di solito ristretta agli “amici” dallo stesso accettati.


“Facebook”, come detto, include alcuni servizi tra i quali la possibilità per gli utenti di ricevere ed inviare messaggi e di scrivere sulla bacheca di altri utenti e consente di impostare l’accesso ai vari contenuti del proprio profilo attraverso una serie di “livelli” via via più ristretti e /o restrittivi ( dal livello “Tutti” a quello intermedio “Amici di amici” ai soli “Amici”) per di più in modo selettivo quanto ai contenuti o alle stesse “categorie” di informazioni inserite nel profilo medesimo.


Quindi, agendo opportunamente sul livello e sulle impostazioni del proprio profilo, è possibile limitare l’accesso e la diffusione dei propri contenuti, sia dal punto di vista soggettivo che da quello oggettivo.


E’ peraltro nota agli utenti di “Facebook” l’eventualità che altri possano in qualche modo individuare e riconoscere le tracce e le informazioni lasciate in un determinato momento sul sito, anche a prescindere dal loro consenso: trattasi dell’attività di c.d. “tagging” (tradotta in lingua italiana con l’uso del neologismo “taggare”) che consente, ad esempio, di copiare messaggi e foto pubblicati in bacheca e nel profilo altrui oppure email e conversazioni in chat, che di fatto sottrae questo materiale dalla disponibilità dell’autore e sopravvive alla stessa sua eventuale cancellazione dal social network.


I gestori del sito (statunitensi, secondo la Polizia Postale), pur reputandosi proprietari dei contenuti pubblicati, declinano ogni responsabilità civile e/o penale ad essi relativa (come dimostra, eloquentemente, una recentissima e dibattuta controversia giudiziaria riguardante il motore di ricerca “Google”).


In definitiva, coloro che decidono di diventare utenti di “Facebook” sono ben consci non solo delle grandi possibilità relazionali offerte dal sito, ma anche delle potenziali esondazioni dei contenuti che vi inseriscono : rischio in una certa misura indubbiamente accettato e consapevolmente vissuto.


Il caso di specie è emblematico in tal senso.


Due giovani si conoscono e socializzano tramite “Facebook” e tra loro ha inizio una relazione da entrambi definita sentimentale, con sviluppi non lineari ed irreprensibili, descritti dal convenuto in modo minuzioso, pur se irrilevanti ai fini della presente decisione.


In tale contesto si inserisce l’invio da parte di T. P. di un messaggio a mezzo “Facebook” a F. B., datato 1.10.2008 e del seguente eloquentissimo tenore: “Senti brutta troia strabica che nn sei altro… T consiglio di smetterla. Nn voglio fare il cattivo sputtanandoti nella tua sfera sociale dove le persone t stimano (facebook, myspace, ecc.). Purtroppo nn siamo Tommy Vee o Filippo Nardi … quindi nn appetibili sessualmente per te. T consiglio di caricare le foto ove la frangia nn t nasconde il litigio continuo dei tuoi occhi e nello stesso tempo il numero di un bravo psichiatra che può prescriverti al più presto possibile, pastigle rettali da cavallo con funzione antidepressiva (se t piaceva il dito nn mi immagino il farmaco). Con queste affermazioni, vere, chiedo di eclissarti e di smetterla di ossessionarmi come il tuo grande idolo e modello comportamentale … Mentos! Ah… Tutti i miei orgasmi erano finti … =) ihoho”.


Trattasi, in tutta evidenza, di un messaggio denotante la conoscenza non solo della imperfezione fisica sofferta da F. B., ma anche e soprattutto di alcune sue presunte preferenze maschili e abitudini sessuali.


Per di più, il messaggio presuppone precedenti conversazioni non gradite al mittente (“T consiglio di smetterla”) e che trovano riscontro nelle difese del convenuto, laddove ha lamentato il preteso comportamento persecutorio di parte attrice e la propria conseguente giustificata reazione.


Difese che, ad onor del vero, si appalesano ictu oculi come contraddittorie nel momento in cui alla contestazione della provenienza del messaggio è poi soggiunta la non riferibilità a F. B. del suo contenuto.


Immeritevoli di accoglienza appaiono, comunque, le generiche eccezioni svolte dal convenuto in relazione alla effettiva provenienza del messaggio de quo, posto che è ampiamente documentata dall’attrice la partecipazione di T. P. alla discussione in chat messaggistica sul profilo di un comune “amico Facebook” (tale G. F.) a commento di una foto che li ritrae assieme, l’inserimento di F. B. in tale conversazione web e la replica finale suggellata dal messaggio del quale oggi si discute (doc.2).


Maggiormente dimostrativo della provenienza dal convenuto del messaggio in esame è l’ulteriore scambio di messaggi avvenuto tra le parti in ora tarda (ore 22,37 attrice – ore 1,03 convenuto: doc.3), dal quale si evince anche la volontà di T. P. di rivendicare nuovamente il contenuto di quanto in precedenza scritto (“Se fosse stato per me il commento l’avrei lasciato, ma il mio amico l’ha voluto cancellare…”) e di voler sin da allora individuare una possibile scappatoia nella pretesa non riferibilità all’attrice delle gravi espressioni adottate (“Non vedo il tuo nome scritto nel commento pubblico della mia foto con i miei amici”).


Quest’ultima affermazione del convenuto è, di contro, dimostrativa del carattere pubblico delle offese arrecate: offese certamente riconducibili in modo immediato e diretto a F. B., non solo per la riferita forzata condivisione con i comuni “amici Facebook” delle abitudini di vita dell’attrice e dei suoi asseriti comportamenti vessatori (v. pag.4 comparsa di risposta), ma anche più semplicemente per la evidente circostanza che il messaggio ingiurioso è immediatamente successivo a quello inviato dalla stessa F. B. a commento della foto pubblicata dal comune “amico Facebook” G. F. (il quale, poi, a detta dello stesso convenuto ebbe a “cancellare” il messaggio de quo).


La nota impossibilità di registrazione nel social network a nome di un utente già registrato (confermata anche in via documentale dall’attrice: docc.4-5-6) e l’assenza di formali denunzie del convenuto concernenti eventuali e non dimostrati “furti d’identità” (anzi escludibili, alla luce dell’utilizzazione del medesimo recapito email, in altre occasioni pubblicato: doc.7) consentono di affermare la provenienza del messaggio da T. P..


Se a ciò si aggiungono le ulteriori considerazioni già ampiamente svolte in relazione alle note caratteristiche di “Facebook”, ai suoi altrettanto notori e conosciuti limiti ed alla consapevole accettazione dei conseguenti rischi di una sua non corretta utilizzazione, non possono sussistere ragionevoli dubbi sulla affermazione di civile responsabilità del convenuto quanto agli effetti ed ai pregiudizi arrecati dal messaggio del giorno 1.10.2008 e dalla reale (e (ancor potenziale) sua diffusione.


Dunque, T. P. dev’essere condannato al risarcimento dei danni arrecati per tale via a F. B., dovendosi al riguardo escludere le invocate scriminanti o diminuenti di cui all’art.599 c.II° CP ed all’art. 1227 CC, certamente apparse incongrue anche in ossequio alla stessa prospettazione dei fatti offerta dalla difesa del convenuto.


Relativamente al quantum debeatur, ribadito che parte attrice ha limitato le proprie richieste al risarcimento “del danno morale soggettivo o, comunque, del danno non patrimoniale” sofferto quale diretta conseguenza della subìta lesione “alla reputazione, all’onore e al decoro” cagionatale dal convenuto mediante l’invio del messaggio oggetto di causa, appare utile brevemente in diritto premettere come, recentemente, la Suprema Corte abbia riaffermato l’autonomia del danno morale rispetto alla più ampia categoria del danno non patrimoniale (Cass. 12.12.2008 n.29191), in apparente contrasto con le note decisioni adottate dalle Sezioni Unite (Cass.Sez.Un. 11.11.2008 numeri 26972 e 26975), che hanno negato valenza autonoma al danno morale, relegandolo al rango di sottocategoria del danno non patrimoniale.


Peraltro, per quel che qui rileva, le Sezioni Unite avevano affermato “che, nell’ambito della categoria generale del danno non patrimoniale, la formula danno morale non individua una autonoma sottocategoria di danno, ma descrive -tra i vari possibili pregiudizi non patrimoniali- un tipo di pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato in sé considerata: sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non assumono rilevanza ai fini della esistenza del danno, ma solo della quantificazione del risarcimento”.


Nel caso di specie, avendo parte attrice invocato la liquidazione “del danno morale soggettivo o, comunque, del danno non patrimoniale” per tale via e in modo esclusivo individuato, le anzidette problematiche interpretative ben possono considerarsi irrilevanti, così come la stessa querelle riguardante la eccepita necessità di individuare, ai fini della liquidazione, una fattispecie di reato nell’ambito delle vicende discusse in giudizio.


Come è noto, il danno non patrimoniale trae la propria specifica origine dall’art.2059 CC, alla luce del quale simile pregiudizio deve essere risarcito “solo nei casi determinati dalla legge”: tale possibilità risarcitoria sembrava dunque limitata alle sole ipotesi di reato, così come previsto dall’art.185 CP. A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale (sent. 30.6.2003 n.233) può ormai dirsi del tutto superata questa interpretazione limitativa, di talchè ogni lesione di valori di rilievo costituzionale inerenti la persona comporta il ristoro del danno non patrimoniale sofferto.


Qui va rimarcata la risarcibilità, attesi i limiti della domanda attrice, del solo danno morale soggettivo inteso quale “transeunte turbamento dello stato d’animo della vittima” del fatto illecito, vale a dire come complesso delle sofferenze inferte alla danneggiata dall’evento dannoso, indipendentemente dalla sua rilevanza penalistica.


Rilevanza che, peraltro, ben potrebbe essere ravvisata nel fatto dedotto in giudizio, concretamente sussumibile nell’ambito della astratta previsione di cui all’art.594 CP (ingiuria) ovvero in quella più grave di cui all’art.595 CP (diffamazione) alla luce del cennato carattere pubblico del contesto che ebbe a ospitare il messaggio de quo, della sua conoscenza da parte di più persone e della possibile sua incontrollata diffusione a seguito di tagging.


Elemento, quest’ultimo, idoneo ad ulteriormente qualificare la potenzialità lesiva del fatto illecito, in uno con i documentati problemi di natura fisica ed estetica sofferti da F. B. (doc.1).


Alla luce di quanto accertato in fatto, della evidente lesione di diritti e valori costituzionalmente garantiti (la reputazione, l’onore, il decoro della vittima) e delle conseguenti indubbie sofferenze inferte all’attrice dalla vicenda della quale si discute, in via di equità, può essere liquidata ai valori attuali, a titolo di danno morale ovvero non patrimoniale, la somma di € 15.000,00.


Le spese processuali seguono la soccombenza del convenuto e si liquidano come da dispositivo.


La presente sentenza dev’essere munita, ai sensi di legge, della clausola di provvisoria esecutività di cui all’art. 282 C.P.C..


p.q.m.


Il Tribunale, definitivamente pronunziando sulla domanda proposta con atto di citazione notificato il 12.3.2009 da F. B. nei confronti di T. P., così provvede:


1)condanna T. P. al pagamento, in favore di F. B., della somma di € 15.000,00 oltre agli interessi legali dalla data del fatto al saldo;


2)lo condanna, altresì, al pagamento delle spese processuali in favore di parte attrice, liquidate nella misura di € 4.400,58 (di cui € 186,58 per esborsi, € 1.214,00 per diritti ed € 3.000,00 per onorari), oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;


3)dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva.


MONZA, 2.3.2010 IL GIUDICE UNICO


(dott. Piero Calabrò)

PASSWORD INADEGUATA? LA BANCA RISARCISCA LE VITTIME DEL PHISHING

PASSWORD INADEGUATA? LA BANCA RISARCISCA LE VITTIME DEL PHISHING:


Finalmente un tribunale italiano riconosce con chiarezza i profili di responsabilità degli istituti di credito nelle ipotesi di phishing. Trib. Palermo 12/01/2010, n. 81


Se i sistemi di sicurezza adottati dalla banca per proteggere il conto corrente on line non sono adeguati all’evoluzione del progresso tecnico, il correntista vittima di episodi di phishing può ottenere dall’istituto di credito il risarcimento dei danni subiti.


Questa la sintesi di un’importante e recente pronuncia di un Tribunale italiano che apre interessanti spiragli per le vittime di episodi di phishing, ovvero di quella particolare pratica criminale eseguita via internet consistente nella fraudolenta acquisizione dei dati del conto corrente di un utente (e che successivamente vengono utilizzati per effettuare delle transazioni finanziarie i cui pagamenti sono effettuati con il denaro dell’ignaro titolare del conto).


Sul punto il Tribunale di Palermo, Sezione 3 civile, con la Sentenza 12.01.2010, n. 81 è, infatti, intervenuto risolvendo una controversia a favore del correntista, utilizzando argomentazioni già in parte avanzate dal nostro portale.


Secondo il giudice l’individuazione della responsabilità della banca va letta nella disciplina dettata dal testo unico in materia di protezione dei dati personali, D.Lgs. n. 196/2003.


Così argomenta la sentenza in commento: l’art. 31 del d.lgs. n. 196/2003 impone che i dati personali oggetto di trattamento siano custoditi e controllati, anche in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, alla natura dei dati e alle specifiche caratteristiche del trattamento, in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita, anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta. E ciò al fine da evitare prelievi fraudolenti (cd. phishing).


È, perciò, necessaria l’adozione, da parte dell’Istituto di credito, di tutte le misure di sicurezza, tecnicamente idonee e conosciute in base al progresso tecnico, non essendo sufficiente la non violazione di norme di legge.


La diligenza richiesta deve infatti essere valutata con maggior rigore, atteso che la prestazione inerisce all’esercizio di un’attività professionale.


Va, parimenti, ritenuta applicabile, ad avviso del tribunale siciliano, la previsione di cui all’art. 15 del d.lgs. n. 196/2003, la quale statuisce che chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’articolo 2050 del codice civile.


Nel caso di specie, il Tribunale aveva condannato la spa Poste Italiane al risarcimento dei danni patiti dal correntista, sul presupposto che Il sistema di sicurezza adottato risultava inadeguato, particolarmente se raffrontato con quello adoperato da altri operatori.


Leggi la sentenza – clicca qui


Fonte: Anti-Phishing Italia – www.anti-phishing.it


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Biotestamento, approvato il testo: cosa è possibile decidere?

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Da anni si parla di dichiarazioni anticipate di fine vita e oggi abbiamo il ddl. Ma si potrà staccare la spina? E alimentazione e idratazione artificiale potranno essere sospese?

Londra, il fallimento della città videosorvegliata

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4,2 milioni di occhi elettronici non hanno impedito il dilagare di scontri e saccheggi. Nella città con più occhi elettronici al mondo ora prevalgono le ragioni di chi avrebbe voluto più polizia

lunedì, ottobre 03, 2011

Operatrice Tim, legge i tabulati e scopre che il fidanzato ha un'altra: lei sotto processo

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Cassazione: l'istruzione privata va pagata dal genitore che la decide

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il genitore che decide di mandar il figlio a scuola privata quello
che poi deve pagare la retta. L’obbligo di provvedere, anche nel
caso di uno sport, spetta soltanto a chi ha...

Congedo di paternità: la legge in Italia e i permessi per i papà

Congedo di paternità: la legge in Italia e i permessi per i papà:

congedo di paternità in ItaliaAvevamo lasciato l’iter riguardo all’approvazione del congedo di paternità ai suoi primi passi in parlamento.
Nel mentre, nell’ ottobre scorso, il parlamento europeo ha approvato con larga maggioranza e in un’unica votazione una proposta di direttiva del Consiglio Europeo  che modifica la direttiva 92/85/CEE in materia di maternità e paternità.
La novità più significativa per quello che concerne il nostro Paese sarebbe l’introduzione di un periodo di paternità obbligatoria di almeno 15 giorni lavorativi che i neopapà potrebbero utilizzare durante il periodo di congedo obbligatorio della propria compagna per maternità.
Durante la loro assenza dal posto di lavoro, i padri percepirebbero il 100% del proprio stipendio che verrebbe pagato dal datore di lavoro, o dell’ente previdenziale di riferimento (nel caso dei lavoratori autonomi).



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In separazione, i redditi ma anche le sostanze personali sono rilevanti

In separazione, i redditi ma anche le sostanze personali sono rilevanti:

impressCon sentenza del 7/10/2008, il Tribunale di Rimini determinava assegno mensile a carico dell’ex marito per le figlie in misura di Euro 600,00 per ciascuna e quello per la moglie in Euro 800,00 mensili. Quest’ultima, tuttavia, interponeva appello avverso la predetta sentenza, chiedendo elevarsi l’assegno per sè e per le figlie.


La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza 26/6 - 9/7/2009, in parziale accoglimento dell’appello principale, elevava l’assegno per le figlie all’importo di Euro 1.000,00 per ciascuna, nonchè quello per la moglie all’importo di Euro 1.200,00 mensili.


Ricorrevano alla Suprema corte entrambi gli ex coniugi.


.


Per l’assegno al coniuge - l’art. 156 c.c. precisa che l’entità è commisurata alle circostanze e ai redditi dell’obbligato, e la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che pure rilevano le “sostanze”, oltre che i redditi, sulla base del combinato disposto degli artt. 156 e 143 c.c., (tra le altre, Cass. 6773 del 1990; n. 17136 del 2004): in tal senso, ove i redditi dell’obbligato fossero inferiori proporzionalmente rispetto ad un cospicuo patrimonio (nella specie, il R. afferma che le società, oggetto di partecipazione, distribuiscono pochi utili o non ne distribuiscono per ricapitalizzarli), l’assegno stesso dovrebbe quantificarsi anche con riguardo a tale patrimonio, e l’obbligato sarebbe tenuto alla corresponsione, eventualmente liquidando una parte del patrimonio stesso.


Cass. civ. Sez. I, 12 settembre 2011, n. 18618


Svolgimento del processo


Con ricorso depositato in data 20/1/2004, B.L. chiedeva dichiararsi separazione personale dal coniuge R.R., con addebito a quest’ultimo; chiedeva altresì l’affidamento delle figlie minori, l’assegnazione della casa coniugale ed un assegno mensile per sè e per le figlie.


Costituitosi regolarmente il contraddittorio, il R. chiedeva l’addebito alla moglie, dichiarandosi disponibile a corrispondere assegno di Euro 1.200,00 mensili per le figlie.


Il Presidente del Tribunale di Rimini autorizzava i coniugi a vivere separati, affidava le figlie minori alla madre, cui assegnava la casa coniugale; disponeva a carico del R. assegno di mantenimento a favore delle tre figlie per l’importo di Euro 516,00 per ciascuna di esse, nonchè un assegno di mantenimento per la moglie per l’importo di Euro 70,00 mensili.


Con sentenza del 7/10/2008, il Tribunale di Rimini determinava assegno mensile a carico del R. per le figlie in misura di Euro 600,00 per ciascuna e quello per la moglie in Euro 800,00 mensili.


B.L. interponeva appello avverso la predetta sentenza, con ricorso depositato in data 20/5/2009, chiedendo elevarsi l’assegno per sè e per le figlie.


Costituitosi il contraddittorio, il R. chiedeva rigettarsi l’appello e, in via incidentale, ridursi l’assegno per le figlie ad Euro 400,00 per ciascuna, escludendosi quello per la moglie.


La Corte d’Appello di Bologna, con sentenza 26/6 - 9/7/2009, in parziale accoglimento dell’appello principale, elevava l’assegno per le figlie all’importo di Euro 1.000,00 per ciascuna, nonchè quello per la moglie all’importo di Euro 1.200,00 mensili.


Ricorre per Cassazione il R. sulla base di 7 motivi.


Resiste, con controricorso, la B..


Entrambe le parti hanno depositato memorie per l’udienza.

Motivi della decisione


Per ragioni sistematiche si esaminerà dapprima il motivo inerente l’addebito e successivamente quelli relativi all’assegno per le figlie e per la moglie.


Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione circa l’esclusione dell’addebito della separazione alla moglie, essendovi la prova che la B. non aveva mai cessato, dopo la riconciliazione, una pregressa relazione extraconiugale, mentre la nuova convivenza non avrebbe integrato l’effettiva riconciliazione.


Il motivo va rigettato, in quanto infondato.


Come è noto, l’addebito nella separazione, previsto dall’art. 151 c.c., presuppone la violazione di doveri derivanti dal matrimonio e il nesso di causalità tra tale violazione e l’intollerabilità della convivenza, che deve essere provato dal richiedente. Con motivazione adeguata e non illogica (e sulla base di una valutazione di fatto insuscettibile di controllo in questa sede), la sentenza impugnata si riferisce alla riconciliazione tra i coniugi, con ripresa della convivenza e rinnovata comunione spirituale e fisica, durata da settembre-ottobre 2001 ad aprile 2003; ne deriva necessariamente l’irrilevanza dei comportamenti pregressi, e in particolare della relazione extraconiugale che il marito addebitava alla B.. Il R. sosteneva che la moglie non aveva interrotto la relazione, nonostante la ripresa della convivenza con lui, ma - secondo il Giudice a quo - di ciò egli non ha fornito prova, nè si è offerto di fornirla,, articolando le sue istanze istruttorie solo con riferimento al periodo precedente la riconciliazione.


Con il primo motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 147, 148, 155 e 155 quater c.c., art. 30 Cost.: omessa considerazione delle concrete esigenze delle tre figlie, senza tener conto delle loro diversità per età e bisogni di vita; determinazione del loro assegno di mantenimento, sulla base della mera comparazione delle posizioni economiche dei coniugi, senza applicare i parametri indicati dall’art. 155 c.c.; omessa considerazione circa la valenza economica dell’assegnazione della casa, ai fini dell’assegno per le figlie. Con il secondo motivo, vizio di motivazione nel disporre l’aumento dell’assegno per le figlie, che, sommato a quello per la moglie, sarebbe superiore al reddito netto dell’obbligato, nonchè sull’errata statuizione di retroattività dei due assegni. Con il terzo motivo, vizio di motivazione sulla determinazione dei due assegni (per le figlie e per la moglie) in base alle risultanze della C.T.U. sui redditi e sul patrimonio dell’onerato, senza tener conto dei rilievi svolti dal C.T. di parte.


I motivi, che possono trattarsi congiuntamente in quanto strettamente connessi, vanno rigettati, in quanto infondati.


Correttamente il Giudice a quo ha considerato la “situazione personale ed economica dei genitori”, correlando ad essa le esigenze delle figlie, che aspirano ad un livello di vita elevato, stante la “grande consistenza patrimoniale paterna”.


Come precisa la giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, da ultimo, Cass. n. 11772 del 2010) le condizioni economiche dei genitori hanno rilievo non soltanto per indicare proporzionalmente il contributo per i figli, a carico di ciascuno di essi, ma anche in funzione diretta del soddisfacimento delle esigenze dei figli stessi, posto che bisogni, aspirazioni e più in generale prospettive di vita risentono necessariamente dell’ambiente economico-sociale in cui si collocano le figure del genitori. Vi sono quindi bisogni essenziali sicuramente comuni a tutti i figli minori, altri collegati all’ambiente cui essi appartengono, altri ancora specifici ed individualizzati (così ad. es. un minore disabile o malato che necessiti di cure, un altro che abbia particolari capacità ed aspirazioni: sport, musica, ecc… ): solo in tal caso il giudice del merito dovrebbe analizzare e distinguere le singole posizioni.


E’ appena il caso di precisare che ai fini della determinazione di un assegno periodico ex art. 155, comma 4, novellato, il Giudice non deve necessariamente esaminare e richiamare tutti i parametri indicati, potendo in riferimento ad alcuni di essi, secondo le circostanze e la fattispecie concreta. La sentenza impugnata ha richiamato le risorse economiche dei genitori (ampia disparità tra marito e moglie, e su tale profilo si tornerà, trattando dell’assegno per la B.), il tenore di vita goduto dalle figlie in costanza di matrimonio, e attraverso esso le attuali esigenze delle figlie stesse.


Va altresì precisato che, ai sensi dell’art. 155 quater c.c., l’assegnazione della casa coniugale, che viene effettuata nell’interesse dei figli (minori o maggiorenni non ancora autosufficienti economicamente), per evitare modifiche coattive e radicali del loro ambiente di vita familiare e di relazione, assicurando la continuità dell’habitat domestico, quale centro di affetti, interessi e consuetudini di vita, può rilevare solo nella comparazione dei rapporti economici tra i coniugi (sul punto, Cass. n. 4520 del 2010). L’articolo predetto testualmente recita:


“dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori”, e di ciò è riprova la circostanza che l’assegnazione della casa coniugale non è inserita tra i parametri dell’assegno per i figli, indicati dall’art. 155 c.c., comma 4. La sentenza impugnata ha disposto l’aumento dell’assegno per le figlie (ma pure per il coniuge) retroattivamente a far data dal gennaio 2005: si censura, al riguardo, come si è detto, vizio di motivazione.


Va precisato che il giudice a quo non doveva fornire specifiche motivazioni, avendo applicato regole generali, confermate dalla giurisprudenza di questa Corte (per tutte Cass. n. 13623 del 2010 n. 28987 del 2008, per figli; n. 6612 del 1994 per il coniuge), circa la decorrenza dalla domanda dell’assegno alimentare, ai sensi dell’art. 445 c.c. e la retroattività degli effetti di ogni provvedimento giurisdizionale fino alla domanda, considerata la necessità di conservazione del contenuto reale del credito, fatto valere con la domanda stessa. Solo l’assegno per il coniuge in sede di divorzio, costituisce eccezione dettata dalla natura costitutiva della pronuncia, ma anche in tal caso, come è noto, il legislatore ha soddisfatto l’esigenza di far retroagire la decorrenza, pur in assenza di specifica domanda.


Sulla quantificazione dell’assegno per le figlie (e per la moglie) la sentenza impugnata fornisce motivazione adeguata e non illogica, richiamando le risultanze della consulenza tecnica: un patrimonio del R. ammontante ad Euro 3.713.836,52 tra immobili, quote societarie, depositi bancari e crediti. E’ appena il caso di precisare che i genitori devono adempiere all’obbligo di mantenimento per i figli, ai sensi dell’art. 30 Cost. e art. 148 c.c., in proporzione alle proprie sostanze e alle capacità di lavoro professionale e casalingo, senza limitazione alcuna al riguardo.


Per l’assegno al coniuge - l’art. 156 c.c. precisa che l’entità è commisurata alle circostanze e ai redditi dell’obbligato, e la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che pure rilevano le “sostanze”, oltre che i redditi, sulla base del combinato disposto degli artt. 156 e 143 c.c., (tra le altre, Cass. 6773 del 1990; n. 17136 del 2004): in tal senso, ove i redditi dell’obbligato fossero inferiori proporzionalmente rispetto ad un cospicuo patrimonio (nella specie, il R. afferma che le società, oggetto di partecipazione, distribuiscono pochi utili o non ne distribuiscono per ricapitalizzarli), l’assegno stesso dovrebbe quantificarsi anche con riguardo a tale patrimonio, e l’obbligato sarebbe tenuto alla corresponsione, eventualmente liquidando una parte del patrimonio stesso.


Giurisprudenza consolidata di questa Corte (per tutte, da ultimo, Cass. n. 10222 del 2009) precisa che non incorre in vizio di motivazione il Giudice del merito che recepisca per relationem le conclusioni e i passi salienti della consulenza tecnica d’ufficio.


Ove una parte richiami le critiche mosse dal C.T. di parte (ciò che nella specie era stato effettuato, come emerge dalla comparsa di costituzione in appello dell’odierno ricorrente, alcuni passi della quale sono stati riportati nel ricorso in esame, soddisfacendo così il requisito dell’autosufficienza di esso), il Giudice deve fornire una risposta. Ma ciò ha fatto la sentenza impugnata, precisando che anche se si fossero accolte le osservazioni critiche del R. sulla consulenza, le sue condizioni, quantomeno sotto il profilo patrimoniale, resterebbero invariate. Con il quinto motivo, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 155 quater e 156 c.c., L. n. 898 del 1970, art. 5, precisando che è stato elevato l’assegno di separazione, senza applicare i parametri legali di quantificazione, si è omesso l’accertamento del tenore di vita precedente e della mancanza da parte della moglie di mezzi adeguati, si è omessa la considerazione della valenza economica dell’assegnazione della casa ai fini dell’assegno per la moglie. Con il sesto, egli censura vizio di motivazione sulla quantificazione dell’assegno alla moglie stessa, anche in relazione alle sue potenzialità reddituali ed alla disposta retroattività. Con il settimo, violazione degli artt. 2697, 147 e 148 c.c., art. 155 c.c., comma 4, artt. 115 e 116 c.p.c., in ordine alla determinazione dei due assegni: si precisa che la stessa B. aveva indicato nel corso del giudizio come sufficiente una somma inferiore a quella dell’importo liquidato; ancora si censura l’omessa considerazione dei rilievi svolti dal C.T.U. sui redditi del marito e sulle potenzialità della moglie.


I motivi possono essere trattati congiuntamente, essendo strettamente connessi, e vanno rigettati in quanto infondati.


L’art. 156 c.c. precisa che il coniuge ha diritto al mantenimento in quanto non abbia redditi adeguati, e giurisprudenza costante di questa Corte (per tutte, Cass. n. 2156 del 2010) precisa che anche per la separazione l’inadeguatezza dei redditi viene valutata in funzione dell’esigenza di conservare, almeno tendenzialmente, il medesimo tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale.


Giurisprudenza parimenti costante (per tutte, da ultimo, Cass. n. 10222 del 2010) chiarisce che, in mancanza di prova sul “tenore di vita”, può sopperire l’ammontare complessivo del patrimonio e dei redditi dei coniugi, dando esso luogo ad una presunzione sul tenore di vita da essi goduto durante il matrimonio. Con motivazione adeguata e non illogica, il giudice a quo, come già si è detto, fa proprie le risultanze della consulenza tecnica: a fronte dell’imponente patrimonio del R., dei redditi da lui percepiti e delle notevoli potenzialità reddituali, sta l’assenza di reddito della B., proprietaria al 50% dell’immobile adibito a casa familiare, di un’auto Fiat Punto 60, di valore in sostanza irrilevante, e titolare di un deposito di conto corrente di Euro 334,04. Essa - così la sentenza impugnata - non ha mai lavorato durante la convivenza matrimoniale, durata circa vent’anni,sempre accudendo al coniuge e alle figlie: dunque - secondo il giudice a quo, che esprime una valutazione di fatto, insuscettibile di controllo in questa sede - non ha redditi e possiede una capacità di guadagno pressochè nulla.


E’ vero che l’assegnazione della casa coniugale può incidere sull’importo dell’assegno per il coniuge ai sensi dell’art. 155 quater c.c.. Anche se a tale profilo la sentenza impugnata non si riferisce esplicitamente, dal contesto motivazionale, tenuto conto della notevole sproporzione delle condizioni economiche tra le parti, emerge palesemente che di ciò il giudice a quo ha tenuto conto nella quantificazione dell’assegno.


E’ appena il caso di precisare che la retroattività, correttamente disposta, come si è detto, sulla base delle regole generali in materia di assegno di mantenimento e alimentare, non può certo incidere sulla quantificazione dell’assegno stesso. Quanto all’affermazione della B., che avrebbe indicato, in un atto difensivo, come sufficiente per sè e per le figlie una somma inferiore all’importo liquidato, va precisato che, secondo giurisprudenza consolidata (per tutte, Cass. n. 12411 del 2008), le dichiarazioni del difensore in scritti processuali non hanno efficacia confessoria. Utilizza il ricorrente la predetta argomentazione, per avvalorare la sua tesi circa la violazione dell’art. 2697 c.c. sull’onere della prova. Ma, al contrario, come già si è precisato, il giudice a quo fonda la pronuncia sugli assegni e la loro quantificazione sulle risultanze peritali, sull’imponente patrimonio dell’odierno ricorrente e sull’assenza di reddito dell’odierna resistente.


Conclusivamente, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 e Euro 200.00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.