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giovedì, ottobre 22, 2009
mercoledì, ottobre 21, 2009
Toccatina spavalda è violenza sessuale
A seguito del ricorso di un uomo di 40 anni di Venezia, condannato per violenza sessuale nei confronti di una barista, poiché le aveva toccato il seno appena rifatto, la Cassazione ha stabilito che anche la 'toccatina', fatta ad una ragazza per spavalderia in presenza di amici o la palpatina fatta per scherzo, va punita come violenza sessuale.
Nel caso dell'uomo di Venezia la ragazza, a cui era stato toccato il seno, si era sottoposta ad un intervento di chirurgia plastica e l'uomo l'aveva palpeggiata per valutarne la consistenza dicendole: 'Tutto qua, non sei un granché'.
Come atto sessuale violento, ha messo a punto la suprema Corte, si comprende tutto ciò compromette la libera determinazione della sessualità della persona e invade la sua sfera sessuale con costrizione, quindi comprende anche i gesti "insidiosi e rapidi, purché ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenziente". Ad esempio "palpamenti, sfregamenti, baci" sono atti di violenza sessuale ed "è indifferente che chi costringe o induce lo faccia per lucro, per depravazione, per disprezzo, per immondo gusto dello spettacolo o per gioco, purché si agisca con la coscienza e volontà di costringere".
Nel caso dell'uomo di Venezia la ragazza, a cui era stato toccato il seno, si era sottoposta ad un intervento di chirurgia plastica e l'uomo l'aveva palpeggiata per valutarne la consistenza dicendole: 'Tutto qua, non sei un granché'.
Come atto sessuale violento, ha messo a punto la suprema Corte, si comprende tutto ciò compromette la libera determinazione della sessualità della persona e invade la sua sfera sessuale con costrizione, quindi comprende anche i gesti "insidiosi e rapidi, purché ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenziente". Ad esempio "palpamenti, sfregamenti, baci" sono atti di violenza sessuale ed "è indifferente che chi costringe o induce lo faccia per lucro, per depravazione, per disprezzo, per immondo gusto dello spettacolo o per gioco, purché si agisca con la coscienza e volontà di costringere".
Il 7% dei tradimenti coniugali in Italia è a sfondo omosessuale
Roma, 27 ott. (Apcom) - Gli italiani sono sempre più infedeli nella vita matrimoniale e, sempre più spesso, rompono i 'patti coniugali' per avventure con esponenti dello stesso sesso: a essere a 'sfondo omosessuale' sarebbe, infatti, il 7% dei tradimenti. In pratica, spiega Gian Ettore Gassani, presidente dell'associazione dei matrimonialisti italiani, in ben un matrimonio su due vi è un infedele. Nel 70% dei casi si tratta di infedeltà occasionali, le cosiddette "scappatelle", commesse dai "traditori seriali", autentici professionisti dell'infedeltà. Nel 60% dei casi le infedeltà vengono consumate con i propri colleghi di lavoro, spesso nelle ore pomeridiane.
Le mogli stanno raggiungendo i mariti nelle statistiche degli infedeli, visto che la scappatella è prerogativa al 45% delle donne e al 55% degli uomini). Il 7% dei tradimenti è a sfondo omosessuale, secondo una ricerca del Centro Studi Ami. I processi di separazione e divorzio sovente riguardano tradimenti con persone dello stesso sesso o transessuali (sempre più di moda)."Il difficile per un difensore - spiega Gassani - è mostrare le prove fotografiche di tale tipo di tradimenti al coniuge. Anche le mogli, nel 4% dei casi, tradiscono con una persona dello stesso sesso".
La Cassazione, con la sentenza n. 7207/09, si è pronunciata relativamente ad un tradimento omosessuale equiparandolo, in termini di gravità e addebitabilità della separazione, ad una infedeltà eterossessuale. "Gli uomini che tradiscono a livello omosessuale o transessuale il più delle volte posseggono un grado di istruzione medio-alto e un livello socioeconomico superiore alla media", aggiunge Gassani e conclude: "Se fossero effettuate indagini o investigazioni sul conto di tutte le famiglie italiane, ne uscirebbe un quadro molto diverso da quello offerto dagli stereotipi più consolidati".
Le mogli stanno raggiungendo i mariti nelle statistiche degli infedeli, visto che la scappatella è prerogativa al 45% delle donne e al 55% degli uomini). Il 7% dei tradimenti è a sfondo omosessuale, secondo una ricerca del Centro Studi Ami. I processi di separazione e divorzio sovente riguardano tradimenti con persone dello stesso sesso o transessuali (sempre più di moda)."Il difficile per un difensore - spiega Gassani - è mostrare le prove fotografiche di tale tipo di tradimenti al coniuge. Anche le mogli, nel 4% dei casi, tradiscono con una persona dello stesso sesso".
La Cassazione, con la sentenza n. 7207/09, si è pronunciata relativamente ad un tradimento omosessuale equiparandolo, in termini di gravità e addebitabilità della separazione, ad una infedeltà eterossessuale. "Gli uomini che tradiscono a livello omosessuale o transessuale il più delle volte posseggono un grado di istruzione medio-alto e un livello socioeconomico superiore alla media", aggiunge Gassani e conclude: "Se fossero effettuate indagini o investigazioni sul conto di tutte le famiglie italiane, ne uscirebbe un quadro molto diverso da quello offerto dagli stereotipi più consolidati".
[Sole 24ore] Si al licenziamento ritardato
Remo Bresciani
Legittimo il licenziamento della cassiera di un supermercato che, in occasione degli acquisti di avventori privi della tessera soci, accredita i punti della spesa effettuata sulla propria carta personale. Il comportamento, infatti, si deve considerare idoneo a ledere il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente dal momento che in questo modo consente a persone che non ne hanno diritto di usufruire degli sconti concessi ai soci, procurando così un danno economico all'azienda e ottenendo un indebito vantaggio personale.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 20270/2009 (su www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com) che ha respinto il ricorso della cassiera di una cooperativa.
Alla donna, licenziata per giusta causa, era stato contestato di aver utilizzato per gli acquisti effettuati da clienti privi della tessera di socio la propria carta determinando a suo favore un «quantitativo di punti non spettanti» e consentendo agli stessi di usufruire di sconti destinati solo ai titolari della carta. Non solo. La cassiera aveva anche trasferito sulla propria tessera i punti di altre carte intestate a soci determinando così un grave danno economico e d'immagine al datore di lavoro.
Il tribunale ha dichiarato illegittimo il recesso ma in appello la decisione è stata interamente riformata.
Inevitabile quindi il ricorso in Cassazione. Di fronte ai giudici di legittimità la cassiera ha lamentato che la contestazione degli addebiti doveva considerarsi tardiva perché avvenuta a distanza di mesi dall'accaduto. Inoltre, ha sostenuto la ricorrente il Codice disciplinare non era ben visibile nei locali dell'azienda e, soprattutto, non conteneva quel comportamento come passibile di licenziamento. Infine i punti da lei accumulati erano convogliati sulla sua tessera solo per essere poi utilizzati per fini di beneficenza, senza vantaggio personale.
I giudici di legittimità hanno affermato al contrario che la contestazione degli addebiti non poteva reputarsi tardiva dal momento che i fatti contestati erano emersi solo dopo un «controllo informativo che aveva comportato la necessità di incrociare numerosi dati», sicché il tempo intercorso prima della contestazione formale era stato giustificato dal fatto che «si era in presenza di condotte non evidenti, riscontrate solo a distanza di tempo dalla loro realizzazione e che avevano, quindi, richiesto indagini elaborate per il loro accertamento». Infatti l'immediatezza e la tempestività che condizionano la validità del licenziamento per giusta causa vanno intese in senso relativo e possono essere compatibili con un intervallo temporale reso necessario dall'accertamento dei fatti da contestare e dalla valutazione degli stessi. Per quanto riguarda invece l'inserimento della condotta contestata nel codice disciplinare la Corte ha ricordato che il principio di tassatività degli illeciti non ha carattere assoluto, dovendosi distinguere tra gli illeciti relativi alla violazione di prescrizioni relative all'organizzazione aziendale e quelli costituiti da comportamenti «manifestamente contrari agli interessi dell'impresa», come nel caso in esame, che giustificano il recesso anche senza essere menzionati nel codice perché contrari alla legge.
Nella vicenda risulta provato che gli accrediti sulla carta della cassiera non corrispondevano ad acquisti da lei effettuati, ma da un suo uso "distorto" della tessera punti sulla quale la donna aveva convogliato anche gli acquisti di altri, a volte ignari, avventori. Un simile comportamento, ha quindi concluso la Suprema corte, è idoneo a ledere il vincolo fiduciario «facendo venir meno la possibilità di ipotizzare un comportamento improntato a regole di correttezza nel prosieguo del rapporto».
I punti della decisione
Accredito «distorto»
Non si scherza con la tessera punti del supermercato. Lo dimostra il licenziamento di una cassiera che, in occasione degli acquisti di avventori privi della tessera soci, accredita i punti della spesa effettuata sulla propria carta personale
Danno all'azienda
Il comportamento lede il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente perchè consente a persone che non ne hanno diritto di usufruire degli sconti concessi ai soci, procurando così un danno economico all'azienda e ottenendo un indebito vantaggio personale
Scontrini ai raggi X
La contestazione degli addebiti – secondo i giudici – non poteva considerarsi tardiva poichè i fatti contestati erano emersi solo dopo un «controllo informativo che aveva comportato la necessità di incrociare numerosi dati» degli scontrini di cassa e degli acqusiti
Vantaggio personale
Non è servita la giustificazione della cassiera che i punti accumulati erano stati trasferiti sulla sua tessera per essere poi utilizzati a fini di beneficenza. In realtà, parte dei punti erano rimasti sul suo conto e utilizzati a proprio vantaggio
Legittimo il licenziamento della cassiera di un supermercato che, in occasione degli acquisti di avventori privi della tessera soci, accredita i punti della spesa effettuata sulla propria carta personale. Il comportamento, infatti, si deve considerare idoneo a ledere il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente dal momento che in questo modo consente a persone che non ne hanno diritto di usufruire degli sconti concessi ai soci, procurando così un danno economico all'azienda e ottenendo un indebito vantaggio personale.
Sono queste le conclusioni raggiunte dalla sezione lavoro della Cassazione nella sentenza 20270/2009 (su www.guidaaldiritto.ilsole24ore.com) che ha respinto il ricorso della cassiera di una cooperativa.
Alla donna, licenziata per giusta causa, era stato contestato di aver utilizzato per gli acquisti effettuati da clienti privi della tessera di socio la propria carta determinando a suo favore un «quantitativo di punti non spettanti» e consentendo agli stessi di usufruire di sconti destinati solo ai titolari della carta. Non solo. La cassiera aveva anche trasferito sulla propria tessera i punti di altre carte intestate a soci determinando così un grave danno economico e d'immagine al datore di lavoro.
Il tribunale ha dichiarato illegittimo il recesso ma in appello la decisione è stata interamente riformata.
Inevitabile quindi il ricorso in Cassazione. Di fronte ai giudici di legittimità la cassiera ha lamentato che la contestazione degli addebiti doveva considerarsi tardiva perché avvenuta a distanza di mesi dall'accaduto. Inoltre, ha sostenuto la ricorrente il Codice disciplinare non era ben visibile nei locali dell'azienda e, soprattutto, non conteneva quel comportamento come passibile di licenziamento. Infine i punti da lei accumulati erano convogliati sulla sua tessera solo per essere poi utilizzati per fini di beneficenza, senza vantaggio personale.
I giudici di legittimità hanno affermato al contrario che la contestazione degli addebiti non poteva reputarsi tardiva dal momento che i fatti contestati erano emersi solo dopo un «controllo informativo che aveva comportato la necessità di incrociare numerosi dati», sicché il tempo intercorso prima della contestazione formale era stato giustificato dal fatto che «si era in presenza di condotte non evidenti, riscontrate solo a distanza di tempo dalla loro realizzazione e che avevano, quindi, richiesto indagini elaborate per il loro accertamento». Infatti l'immediatezza e la tempestività che condizionano la validità del licenziamento per giusta causa vanno intese in senso relativo e possono essere compatibili con un intervallo temporale reso necessario dall'accertamento dei fatti da contestare e dalla valutazione degli stessi. Per quanto riguarda invece l'inserimento della condotta contestata nel codice disciplinare la Corte ha ricordato che il principio di tassatività degli illeciti non ha carattere assoluto, dovendosi distinguere tra gli illeciti relativi alla violazione di prescrizioni relative all'organizzazione aziendale e quelli costituiti da comportamenti «manifestamente contrari agli interessi dell'impresa», come nel caso in esame, che giustificano il recesso anche senza essere menzionati nel codice perché contrari alla legge.
Nella vicenda risulta provato che gli accrediti sulla carta della cassiera non corrispondevano ad acquisti da lei effettuati, ma da un suo uso "distorto" della tessera punti sulla quale la donna aveva convogliato anche gli acquisti di altri, a volte ignari, avventori. Un simile comportamento, ha quindi concluso la Suprema corte, è idoneo a ledere il vincolo fiduciario «facendo venir meno la possibilità di ipotizzare un comportamento improntato a regole di correttezza nel prosieguo del rapporto».
I punti della decisione
Accredito «distorto»
Non si scherza con la tessera punti del supermercato. Lo dimostra il licenziamento di una cassiera che, in occasione degli acquisti di avventori privi della tessera soci, accredita i punti della spesa effettuata sulla propria carta personale
Danno all'azienda
Il comportamento lede il vincolo fiduciario tra datore di lavoro e dipendente perchè consente a persone che non ne hanno diritto di usufruire degli sconti concessi ai soci, procurando così un danno economico all'azienda e ottenendo un indebito vantaggio personale
Scontrini ai raggi X
La contestazione degli addebiti – secondo i giudici – non poteva considerarsi tardiva poichè i fatti contestati erano emersi solo dopo un «controllo informativo che aveva comportato la necessità di incrociare numerosi dati» degli scontrini di cassa e degli acqusiti
Vantaggio personale
Non è servita la giustificazione della cassiera che i punti accumulati erano stati trasferiti sulla sua tessera per essere poi utilizzati a fini di beneficenza. In realtà, parte dei punti erano rimasti sul suo conto e utilizzati a proprio vantaggio
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