Gli investigatori privati possono continuare ad accedere al registro delle sentenze, sia civili sia penali, in base alle norme processuali.
Un agenzia di investigazioni si è rivolta al Garante per lamentare il fatto che un tribunale ha negato, in nome della privacy, l'accesso al "registro repertorio" nel quale vengono annotate le sentenze e gli altri provvedimenti giudiziari, tenuto presso la cancelleria degli uffici giudiziari.
Il Garante ha precisato più volte che l'applicabilità della legge n. 675 del 1996 non comporta necessariamente un regime di assoluta riservatezza dei dati, in quanto occorre verificare di volta in volta se sussistono altri interessi meritevoli di tutela, disciplinati da disposizioni di legge o di regolamento.
In questo senso, fra le norme non abrogate dalla legge sulla riservatezza dei dati sono ricomprese quelle che regolano la conoscibilità e il rilascio di copie di atti processuali e di altri atti e registri, tenuti presso uffici giudiziari in base al codice di procedura penale e ad altre norme processuali vigenti.
La richiesta di consultazione da parte di istituti di investigazione privata e l'eventuale richiesta di copie
possono, pertanto, essere esaminate alla luce di queste norme processuali senza che la privacy possa, di per se stessa, essere considerata al riguardo come un fattore preclusivo.
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